Lo streaming salva ancora il mercato musicale, ma non placa le critiche degli artisti

Lo streaming salva ancora il mercato musicale, ma non placa le critiche degli artisti

Stando a quanto dichiarato dall’IFPI nel suo Global Music Report, il mercato globale della musica ha segnato un +7,4%, mettendo a referto il sesto anno consecutivo di crescita, per un totale di ricavi complessivi di circa 18 milioni di euro (21.6 mln di dollari). Cresce anche l’Italia grazie, come tutti, allo streaming, che continua a generare polemiche.

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Nonostante un 2020 segnato dal Covid, c’è un pezzo del settore musicale che riesce, globalmente, non solo a tenersi a galla, ma anche a incrementare la crescita. Trainata dallo streaming e dalle crescite esponenziali di mercati come quello latino, ma anche asiatico e africano, il mercato globale della musica può segnare un +7,4%, mettendo a referto il sesto anno consecutivo di crescita, per un totale di ricavi complessivi di circa 18 milioni di euro (21.6 mln di dollari). Lo scrive proprio l’IFPI nel suo annuale Global Music Report in cui si possono leggere un po’ di dati riguardo a quello che è stato il 2020 in numeri.

Lo streaming traina il mercato
Con il mercato dei live fermo e tantissime persone che hanno vissuto mesi in lockdown, lo streaming ha incrementato ancora il proprio valore complessivo, grazie ai ricavi ottenuti dagli abbonamenti premium che sono cresciuti del 18,5%. La musica, insomma, vive il paradosso per cui è lo streaming a tenere alto un mercato che, però, per molti continua a essere iniquo, come denunciato nei giorni scorsi da una serie di artisti che hanno chiesto a Spotify maggiore chiarezza sui ricavati. Intanto il settore è riuscito a compensare le perdite, ancora una volta, del fisico, che quest’anno ha perso un altro 4,7% e i diritti connessi che hanno perso il 10,1% a causa, appunto, della pandemia.

La crescita dell’Italia
Anche l’Italia, come il resto del mondo, ha aumentato i ricavi benché in percentuale minore rispetto alla media globale ed europea, con con un incremento dell’1,44%, trainata dai tanti utenti che si sono riversati sui servizi di streaming per cercare conforto in mesi complessi: sono aumentati – come riporta anche FIMI – gli abbonamenti, “i cui ricavi hanno visto un incremento del 29,77% superando i 104 milioni di euro”. Un altro dato interessante è l’incremento dei consumi sulle piattaforme social, che nel 2020 hanno visto virare su di sé un sacco di musica suonata:

“I ricavi dai modelli sostenuti dalla pubblicità sono cresciuti del 31,59% raggiungendo complessivamente 38,9 milioni di euro; e non è da meno il video streaming, che segna + 24,97%. Il grande utilizzo di canali come Instagram e Facebook durante la pandemia ha dato un’accelerata a queste piattaforme, oltre ai tradizionali servizi come Spotify, Amazon Music, Apple Music e altri. La quota di mercato del digitale raggiunge così l’81% di tutti i ricavi dell’industria in Italia, contro il 72% del 2019”.

Il commento della FIMI
Il CEO di FIMI Enzo Mazza ha commentato i dati con ottimismo: “In questo anno difficile si è di fatto conclusa la lunga fase di transizione digitale del mercato musicale italiano: i consumatori di tutte le età hanno finalmente abbracciato le offerte online generando un significativo incremento nella fruizione dei contenuti musicali su tutte le piattaforme”. Un ringraziamento da parte sia di IFPI che di FIMI è andato alle etichette che hanno confermato gli investimenti previsti, con un numero di certificazioni solo di poco inferiore a quello dell’anno precedente e una top 10 annuale che ha visto tutte le posizioni occupate da italiani.

Lo streaming e le critiche degli artisti
Uno dei problemi lamentati dagli artisti è la mancanza di trasparenza nel metodo di ripartizione degli utili da parte di Spotify, principale attore nel mercato dello streaming, al punto da portare l’azienda svedese a creare il sito Loud and Clear per cercare di fare chiarezza. Il problema principale, però, stando alla denuncia di alcuni artisti è che solo una minima parte di ciò che si ricava va nelle loro tasche (il discorso è ampio è parte dal presupposto che non esiste una linea diretta tra l’azienda e i musicisti, ma le label che, assieme alla diversità di contratti, riducono le percentuali che vanno nelle tasche degli artisti). A fronte di sette milioni di artisti presenti sulla piattaforma, solo 13 mila di loro, scrive il NYTimes, riesce a guadagnare oltre 40 milioni di euro l’anno. Insomma, chi è famoso riesce a guadagnare, chi lo è meno ha più difficoltà.

Aumentano artisti italiani con oltre 10 mln di stream
A proposito di numeri e artisti, FIMI riporta che “nel 2020 sono stati 246 gli artisti italiani che hanno superato i dieci milioni di stream contro i 97 che nel 2010 avevano superato la soglia delle diecimila copie vendute tra fisico e download”. Scorporando i dati si vede anche come il segmento fisico abbia perso non poco a causa delle chiusure dell’inizio del lockdown, ma col vinile che continua, sebbene in una nicchia, a tenere botta, segnando un + 2.50%. Uno dei problemi principali, quest’anno, ovviamente, sono stati i diritti, che sono crollati a causa della chiusura di esercizi commerciali, attività di svago e ristorazione, perdendo oltre 18 milioni di euro.

Come è cresciuto il mondo: le aree più forti
Guardando al mondo, si vede come l’area latino americana ha mantenuto la sua posizione di area maggiormente in espansione con una crescita del 15,9%, e del 30.2% solo del settore in streaming, l’Asia è cresciuta del 9.5% con i ricavi digitali che hanno passato il 50% dei ricavi totali, crescendo complessivamente del 29.9% (solo il Giappone ha visto una contrazione dei consumi). Africa e Medio Oriente sono aumentati dell’8.4% mentre l’Europa è cresciuta “solo” del 3.5% con una crescita del solo segmento streaming del20.7, mentre Usa e Canada sono cresciuti del 7.4%.

Francesco Raiola, Music.fanpage.it

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