E’ morto Carlo Ausino, regista ma anche attore e operatore direttore della fotografia, una delle voci più originali e versatili del cinema torinese. Un pioniere del low budget. Il suo film “Torino violenta” resta un’icona del cinema artigianale degli anni 70. Uno dei poliziotteschi che Quentin Tarantino ha rivalutato. Era costato soltanto 60 milioni, ha incassato venti volte tanto, 1 miliardo e 300 milioni di lire. Ed è diventato un cult movie.
In quella storia, era il 1977, un poliziesco in una città preda della mafia meridionale alleata con i malavitosi francesi contro cui combatte il commissario Mario Moretti (George Hilton), recitava anche Toni Campa (allora Tonino Campa), diventato poi grande organizzatore di spettacoli e gestore del locale Le Roi, arredato da Carlo Mollino. Ma tra le vittime di una delle tante sparatorie c’era anche lo stesso Ausino, nei panni di un venditore di sigarette.
Al cinema Carlo Ausino, messinese ma profondamente torinese, classe 1938, era arrivato montando pezzi di pellicola e aveva collaborato al film di Mario Monicelli “I compagni”, facendo anche qui la comparsa. Scriveva, fotografava, dirigeva e poi montava. Un’anima gentile, lo racconta chiunque abbia lavorato con lui: “Sempre disponibile, sempre sorridente. Carlo Ausino non ha mai smesso di fare cinema, di pensare al cinema e di vivere per il cinema”.
La notizia è stata annunciata dalla sua famiglia con un post su Facebook: “Carlo Ausino è mancato oggi alle 18 nella sua Torino che tanto ha amato e rappresentato nelle sue produzioni. E’ stato un registra, un attore, una comparsa, un operatore, un videomaker, un maestro di cinema, ma soprattutto è stato un figlio, un padre, uno zio, un fratello, un compagno e un grande amico. la sua passione per il cinema ci ha contagiati, entusiasmati e fatto sognare. Il suo senso dell’umorismo, la sua simpatia ci ha regalato tanti sorrisi”.
Ausino aveva scritto: “Torino è la mia città: non ci sono nato ma ci vivo da quando avevo un anno. Anche se ho viaggiato molto, Torino non la cambierà con nessun altro luogo. Ha tutto: la collina, il fiume, il parco. Le manca solo il mare, che in fondo non è neanche tanto lontano. Un suo difetto è che è fatta di circoli ristretti che a volte impongono l’appartenenza come servigio per poter in cambio lavorare”.
Sara Strippoli, Repubblica.it