Il rocker di Correggio e il suo nuovo concept album “Made in Italy”
Il suo secondo nome è Riccardo. Proprio come il Riko protagonista di “Made in Italy”. Per fare un concept album nel 2016 devi essere Luciano Ligabue. Una formula che appare obsoleta ma che, in questo caso, viene aggiornata alle regole della modernità. Un album fatto di canzoni dirette, “strofa, ritornello e ponte”, come dice lui. Canzoni legate da un filo conduttore che si chiama Italia. Quattordici brani che attraversano la storia del nostro Paese e si intrecciano alle vicende personali di un uomo vissuto a cavallo tra metropoli e provincia. Tra sogno e disincanto. Alle spalle matrimoni falliti e speranze, illusioni e paure. Un po’ come tutti noi. Da “La vita facile” a “Un’altra realtà” Riko si rimette in gioco e mette in gioco la sua relazione con Sara, con i suoi vecchi amici, con Carnevale a cui indirizza le lettere pubblicate nel booklet. Anche Ligabue si mette in gioco tra gli echi reggae di “I miei quindici minuti” e le aperture springsteeniane di “E’ venerdì, non mi rompete i coglioni”. Non manca il rock più rassicurante di “La vita facile”, il minimalismo voce e ukulele di “Apperò”, la ballata classica “Meno male” e il soul di “Ho fatto in tempo ad avere un futuro (che non fosse soltanto per me)”. La produzione di Luciano Luisi è discreta e misurata e lascia spazio a canzoni più pulite in cui la post-produzione cede il passo a suoni più diretti. Ligabue non si nasconde. Neanche stavolta.
Carlo Antini, Il Tempo