Approdato in Italia giovanissimo al seguito del fratello Hassan, Ismail abita a Trieste, dove sta per aprire un’attività in proprio. Ma quel sentimento di non appartenenza che cova nell’intimo da ogni esiliato si fa sentire sempre più forte in lui per via di certe straniate telefonate con la madre lontana: convolata a seconde nozze con un pakistano, la donna gli parla a monosillabi e pare volerlo disconoscere. Di qui un viaggio di ritorno nella terra natia, intrapreso non all’insegna della nostalgia, ma dell’urgenza di ritrovare un’ identità familiare e culturale. Documentarista di formazione, Costanza Quatriglio ha liberamente ritagliato il suo primo lungometraggio di finzione sulla poetica figura di un afghano di etnia hazara – antica minoranza presa di mira dai talebani – che sullo schermo incarna il protagonista. La regista lo segue con limpido senso dell’inquadratura nella suggestiva cornice di una natura impervia popolata da esseri umani provati dal terrore, dimostrando lodevole rispetto dei loro silenzi e dolori. Ma, sospeso com’è in un limbo fra realtà e fantasia, il film resta troppo inespresso.
Alessandra Levantesi, lastampa.it