Ne hanno esplorato ogni sfaccettatura. Dalla prima apparizione, in bianco e nero, 1962, quella Love Me Do che ancora oggi fa muovere anima e corpo, sino al commiato solenne di The End, otto anni dopo. Come se per i Beatles l’Amore fosse il campo di gioco prediletto, il luogo in cui tornare per raccogliere materiali narrativi attraverso i quali costruire strofe e ritornelli. L’Amore, il carburante dei Fab Four. In tutte le sue fasi: l’innamoramento, la coppia, la famiglia, l’amicizia, la memoria, l’Amore universale. Michelangelo Iossa è uno dei maggiori cultori italiani dei Beatles. Soprattutto sul versante dell’analisi testuale. Ed è lui che pubblica per Graus Editore Love – le canzoni d’amore dei Beatles. Partendo da un presupposto (verificabile): il globo terrestre è coperto per tre quarti dagli oceani e per un quarto dalle canzoni di Lennon e McCartney. E cercando di dimostrare perché quelle note e quelle parole abbiano rappresentano (e rappresentino) per centinaia di miglia di persone la chiave di volta delle proprie esperienze amorose. Una miniera di suggestioni, di aneddoti. Come quello che riguarda la composizione di I Saw Her Standing There. Con Lennon che cambia il verso iniziale scritto da McCartney – “She was just seventeen, she never be a beauty queen” – in “She was just seventeen, and you know what i mean”, introducendo nella canzone un elemento “allusivo” che la rende in modo immediato più affascinante, più aderente alla vita quotidiana dei ragazzi dei primi anni sessanta. Ed è solo uno tra gli esempi: piccole sfumature che riescono a trasformare semplici canzoni in condensati di esperienza e di speranze alla portata di tutti. O la storia di quell’amore traslato che sta dietro la stesura di Hey Jude: un invito di McCartney a Julian Lennon, figlio di John, affinché non si sentisse in colpa per il divorzio dei genitori dopo l’ingresso di Yoko Ono nella vita della band. Intreccio emotivo che si scioglie in una canzone che un lungo invito ad affrontare con “semplicità” anche le situazioni familiari più complesse. Una canzone che nata da un fatto privatissimo è poi diventata uno degli “inni” più commoventi del rock. E non c’è solo l’amore universale o quello familiare. Anche il lato oscuro delle relazioni trovano spazio nel canzoniere dei Fab Four. Basta pensare allo svolgimento di Happiness Is A Warm Gun: prima un discesa tra incubi e umor nero, simboli ed evocazioni. Poi la risalita in un mondo di passione rarefatta, talmente tanto, da diventare inquietante, contraddittoria. Per una canzone che non cristallizza l’amore, ma ne racconta la dinamica. Come fanno tutte le opere d’arte.
Playlist:
Beatles – Julia
Beatles – Love Me Do
Beatles – Don’t Pass Me By
Beatles – Carry That Weight
Beatles – Hey Jude
Carmine Saviano, la Repubblica