(di Gemma Gaetani, cure LiberoQuotidiano) Diceva il francese Michel de Montaigne: «La continuità di vedersi non può rappresentare il piacere che si sente a lasciarsi e riprendersi a tratti». Forse non c’è aforisma più vero, in particolare per i film addicted. L’ultimo trend da «mai più senza» non è la bicromia tricologica shatush per le femmine, barba e pantaloni skinny e alla caprese (alla caviglia) per i maschi o la lotta quasi armata contro Adinolfi per l’affermazione dei diritti civili per i gay. Ma la prosecuzione narrativa di un originale in realtà concluso. Citando Walter Benjamin, è l’opera d’arte filmica nell’epoca della sua riproducibilità. Non tecnica, ma telefilmica: l’originale film la cui trama si esauriva forever dopo l’ultimo fotogramma si riproduce procreando una nuova vita telefilmica.
Avevamo un film? Tàc, la serie tv. Valido anche il contrario: serie tv? Tàc, il film. Dopo l’epoca culturale dell’Acquario, è quella del Maiale: non si butta via niente. L’espansione del blob originario spesso include anche romanzo e fumetto e per procedere a mappatura ci vuole il plastico di Vespa. Quest’odierno spasmodico resuscitare Lazzari narrativi ha antecedenti: dal classico letterario di Margaret Mitchell, da cui il mastodontico film, Alexandra Ripley nel 1991 scrisse Rossella. Il seguito di Via col vento. Per la gioia di chi (io ero in prima fila), rimasto male per la separazione di quei due isterici, poté palpitare dietro a Rossella che si riprendeva Rhett (da Rossella anche la miniserie tv, ovvio). Mission: impossible, film del 1996 con Tom Cruise, arrivato quest’anno al quinto cinesequel, nacque dalla serie tv omonima andata in onda per sette stagioni dal 1966 e per altre due nel biennio 1988-1990. Idem Sex & The City. Dopo sei stagioni tv tra i Novanta e i Duemila, ben due recenti film (e ogni tanto vien fuori che vedremo anche il terzo).
Il fan gioisce di questo accanimento terapeutico: la vita dei suoi eroi prosegue e vede gli attori invecchiare con sé anziché perire della «regola di Brigitte Bardot» – scomparire al culmine della bellezza e procurare coccoloni fotografati distrutti dai decenni dai paparazzi.
Il sequel ad ogni costo può anche deludere, eh. Nel film Sex and the City 2 Samantha lascia il suo giovane fiancé: tanti (io capeggiavo il corteo di protesta in piazza) avrebbero preferito immaginare Samantha e Smith per sempre insieme. D’altronde, la scena di lei a Dubai che lancia profilattici contro musulmani integralisti è più fou di Anna Magnani fruttivendola Elide in Campo de’ Fiori che grida «Oggi so’ matta!» (ripensandoci, abbandonai il corteo al suo destino). I Novanta non erano ancora gli anni in cui c’erano più serie tv che funghi in una velouté de champignons de Paris. Questi sì e il feedback film-serie è inarrestabile.
È nelle sale Entourage, ispirato dalla serie di culto prodotta da Mark Wahlberg sull’ascesa di un giovane attore a Hollywood (probabilmente la sua vita). C’è stata Bates Motel, ispirata al romanzo Psyco, già omonimo film di Alfred Hitchcok. Su Sky abbiam visto la bellissima Fargo, prodotta dai Cohen bros e tratta dal loro film capolavoro, e le italianissime Romanzo Criminale e Gomorra, sempre innesti di libri e film. Pochi giorni fa al Comic-Con di San Diego è stata presentata la serie tv sequel di Minority Report, filmone del 2002 di Steven Spielberg con Tom Cruise già tratto dall’omonimo racconto di Philip K. Dick.
Annunciate serie tv dai film: Attrazione fatale, The Truman Show, Narc, Ghost (non confondetela con Ghost whisperer, è altra cosa), American Gigoló e Urban Cowboy. Pure del film Django del 1966 di Sergio Corbucci (di cui già Quentin Tarantino girò il wonder remake Django unchained) e del romanzo Suspiria de Profundis di Thomas de Quincey (già Dario Argento ne fece film, Suspiria) vedremo presto le serie tv (Argento supervisionerà la seconda). Mentre scriviamo ne avranno annunciate ancora altre e ci chiediamo: dai film di Chaplin no? Si travasa da grande a piccolo schermo e viceversa per approfondire, far vivere per l’eternità o quasi gli originali. Ufficialmente in nome di un grande amore per i film, ma c’è anche da considerare che si va sul sicuro (come in amore, in effetti, dove solo romantici loser si innamorano di soggetti che la razionalità definirebbe fallimentari).
Il rischio di rovinare tutto con uno schifezzone? Ma chi se ne frega, bene o male basta che se ne faccia sequel.