‘Il corpo dell’amore’: i sentimenti non hanno barriere

‘Il corpo dell’amore’: i sentimenti non hanno barriere

Su Rai 3 il programma che racconta storie di giovani con disabilità che scoprono il sesso e cercano una relazione. I racconti coraggiosi di genitori e figli

Si parla di barriere architettoniche, mai di barriere affettive. I quattro episodi de Il corpo dell’amore, giunti al loro epilogo con l’ultima puntata, venerdì su Rai 3 in seconda serata, mettono in mostra i tragitti accidentati, a volte inesistenti, dei disabili che vogliono fidanzarsi, fare l’amore e, perché no, cornificare il partner. Si legifera e si recrimina sulla rampa d’accesso, sulle disparità nel lavoro, sull’auto posteggiata davanti allo scivolo, ma che razza di discriminazione è impedire l’amore fisico?“Molti di coloro che hanno visto le nostre prime tre puntate – dice Monica Repetto, coautrice insieme a Pietro Balla di questo gioiellino prodotto da Deriva Film – hanno ammesso di non aver mai riflettuto sulla problematica. E invece ne avremmo avute di storie da raccontare, ben più di quattro”. Niente di nuovo: chi ha superato la cinquantina ricorderà che un tempo i ragazzi down venivano chiamati “infelici” e indossavano una sorta di divisa fatta da un impermeabile bianco e un taglio di capelli a caschetto. Da allora sono cambiate tante cose. Ma tante ne devono ancora cambiare.La sessualità nei tetraplegici o nei ragazzi con ritardi mentali è una problematica che di solito sorprende la famiglia, in primo luogo le madri. Travolte dalle problematiche da affrontare, arrivano alla pubertà del figlio spiazzate, con un compagno che spesso si defila, strappate dal ruolo di colei che accudisce a un altro che non è di loro competenza, con effetti pesanti su tutto, non ultimo il rapporto di coppia. Emblematica e potente la storia di Patrizia, prima puntata della serie, vedova e madre di Giorgio, che nel suo incedere sghembo e consapevole giunge a casa di una prostituta di colore per affidare il corpo della sua non più giovane creatura a un’anima accogliente. In pochi attimi si passa a uno scambio molto profondo. Una bella pagina di tv, ma anche di cinema, di vita insomma. C’è però chi studia e si dedica alla materia, come Anna, 45 anni, di Ferrara, protagonista dell’ultima puntata ancora da vedere e prima tirocinante assistente sessuale in Italia, in attesa che la normativa italiana si accorga di lei e del suo lavoro, come già accade nei tanti Paesi dove la “lovegiver” aiuta i disabili a vivere l’esperienza sessuale e quella affettiva.“Tra le cose sorprendenti di questo lavoro, finora il più importante e segnante della mia carriera – aggiunge Repetto – metto la grande apertura che abbiamo trovato dentro Rai 3, nel vicedirettore Giovanni Aversa e nel delegato di produzione Barbara Paolucci: grandissima cautela ma nessuna preclusione, anzi, la sensazione di interloquire con chi già conosce la materia”. Dettaglio non trascurabile: la voce narrante di tutta la serie è affidata al tono intelligente e umano di Enrica Bonaccorti. E’ una nota di colore preziosa nel racconto dei protagonisti della serie, come l’attivista disabile omosessuale Giuseppe, 24 anni, in viaggio da Bologna al Gay Pride Napoli, dove ritrova le proprie tracce familiari e forse incontra l’amore. O come Valentina (terza puntata), che è donna, particolare non da poco, eppure capace di strappare al destino la sua sessualità malgrado i suoi piccoli arti, offesi da displasia distrofica.Quattro puntate (chissà se ce ne saranno delle altre nella prossima stagione) che insegnano come il nostro corpo non comprenda barriere di alcun genere, morali, razziali, perfino fisiche, che quando le trova ci passa sopra senza esitazione. Chi non ce la fa è la nostra testa. Un pensiero anche a chi si lamenta del canone da pagare: il più delle volte lo fa perché queste trasmissioni non le guarda.

Leonardo Malà, repubblica.it

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