Alvaro Vitali: “Fenech e Banfi mi hanno dimenticato. A tutti una seconda occasione, tranne a me”

Alvaro Vitali: “Fenech e Banfi mi hanno dimenticato. A tutti una seconda occasione, tranne a me”

Alvaro Vitali è Pierino. Pierino è Alvaro Vitali. Da quest’assioma ovviamente non se ne esce. L’enorme popolarità che l’attore ha avuto con quel ruolo ne ha inevitabilmente segnato la carriera negli anni successivi. Più volte nel corso dell’ultimo decennio, lo stesso attore se ne è lamentato. Anche oggi, in una intervista a Fanpage.it, fa lo stesso: “Non mi chiamano più perché pensano che io sia solo Pierino”. È vero pure che lui non fa più nulla per sparigliare le carte, è una legge di mercato: “Giro l’Italia con mia moglie e un repertorio di 45 minuti: teatro, musica e cabaret”. Sì, ci sono anche le barzellette di Pierino. Lino Banfi lo ha snobbato, persino Edwige Fenech. Entrambi erano a cena al ristorante di Nonno Libero e Alvaro Vitali se n’è risentito: “Avevamo l’occasione di rifare il trio. C’ero sempre anche io nei film con loro. Perché non m’hanno chiamato? Chiedetelo a loro”. Non ha più amici nell’ambiente: “I più stretti sono morti. Erano Renzo Montagnani e Mario Carotenuto”. 

Ecco, Pierino. La sua croce, la sua delizia.

Sì, ho sempre addosso l’etichetta di Pierino anche se non sono più quella persona. Posso fare cent’anni, io sarò sempre Pierino. Per il pubblico e anche per i produttori, purtroppo.

Perché dice così?

Perché ho delle idee per altri film, ho tanti soggetti ma non mi prendono sul serio. Dicono: quello è Pierino, dove vuoi che vada?

Quali sono queste idee?

Una a cui tengo molto riguarda il sequel di Cotechiño, che ormai è diventato un uomo adulto che si ritrova a fare l’allenatore di una squadra di sgangherati. L’ho proposta, se n’è parlato con persone che conoscono le piattaforme, Sky e compagnia bella. Si poteva fare pure una serie tv, ma tutti parlano e poi finisce là. Ci vorrebbe una persona seria.

Lei ha cominciato con Fellini e poi ha lavorato coi più grandi, da Alberto Sordi a Roman Polanski. Tutti quelli come lei hanno avuto un finale di carriera, se posso, meno triste, in crescendo e con nuovi ruoli e nuove occasioni. Perché a lei non è successo?

È la domanda delle domande a cui non posso darle la risposta giusta. Sì, è così. Tutti hanno avuto la loro grande occasione al finale di carriera, tutti hanno avuto la possibilità di rinascere. Se penso che Pupi Avati ha dato a tutti un’ultima chance. Sento di essere anche molto sfortunato perché una cosa l’avrei dovuta fare.

Cosa?

Vita da Carlo 2. Mi aveva chiamato Carlo Verdone, di persona. Aveva scritto un ruolo apposta per me. Io mi ero sentito pieno d’orgoglio. Era tutto pronto, però ho avuto un innalzamento di pressione e quelli della produzione hanno avuto paura per le assicurazioni e non me l’hanno fatto fare più. So che Carlo è ancora arrabbiato per questo. Ha avuto coraggio, però, lo ringrazio moltissimo. È riuscito a vedere oltre Pierino. Gli altri non hanno il coraggio che ha avuto lui.

Le sono rimasti amici in quest’ambito?

I più stretti sono tutti morti.

Chi erano?

Renzo Montagnani. Lui è stato ridotto ad ‘attore delle commedie sexy’, ma in realtà era un grandissimo attore. Faceva di tutto, accettava di tutto perché Daniele, un figlio disabile a Londra da curare e mi diceva: “Alvaro, a me non interessa, io prendo tutto perché devo lavorare per lui”.

E poi?

Mario Carotenuto, che mi ha insegnato tutto. Anche lui ha avuto ben pochi riconoscimenti. Io, per quello che vale, parlo sempre di lui tutte le volte che posso.

Facciamo un gioco: Michela Miti o Edwige Fenech?

Beh, sono due donne molto diverse. Michela era molto giovane, era ragazzina quando ha iniziato, aveva 18 anni. La Fenech, invece, era una bella donna, nonostante fosse più grande. Era bellissima, la Fenech.

Scegliamone una, quindi…

Eh, la Fenech.

La sente ancora?

Prima, ci sentivamo spesso. So che è venuta a Roma, è stata al ristorante di Lino Banfi e non m’hanno chiamato. È stato un peccato. Avevamo l’occasione di rifare il trio. C’ero sempre anche io nei film con loro, se ne saranno dimenticati.

Come mai non l’hanno chiamata?

Ma che ne so. Magari chiedetelo a loro.

Anche con Lino Banfi non ci sono più rapporti?

Ma figuriamoci.

Martufello, in una intervista a Fanpage.it, ha detto che “un vero artista non si deve piangere addosso”. Lei ha più volte attaccato il sistema delle pensioni.

Ho sempre detto che la pensione va benissimo, si campa bene. Quello che dico è che con 150 film, le case cinematografiche non hanno mai messo tutti i contributi. Se un film durava un mese, le case pagavano due settimane. A fare i conteggi, c’era molto di meno. Si poteva vivere meglio, certamente, però va benissimo ugualmente. Poi mi rimbocco le maniche, io. Gliel’ho detto, vengo da undici ore di macchina in giro per l’Italia e lavoriamo quando c’è da lavorare. Ma quando il lavoro non c’è o ti salta per qualsiasi cosa, la colpa non è mica la nostra? Avevamo anche delle date in Romagna che sono ovviamente saltate per l’alluvione. Quindi Martufello, se dice certe cose, forse le dice per dire. E ci tengo a precisare che siamo grandi amici io e il “Martufo”, eh.

La politica. La segue, le piace?

Mah, io sono di sinistra eppure la sinistra non m’ha mai fatto lavorare. Per la sinistra, ero da snobbare. Mi ha sempre fatto lavorare la destra. Ciononostante, dicono tutti le stesse cose da anni. Ora ci sono loro, poi andranno via e saliranno gli altri, ma le storie sono sempre le stesse. Forse anche per loro, sarebbe il caso di rimboccare le maniche, ecco.

La depressione, ne ha sofferto. Ce la può raccontare?

È come quando non ti va di fare niente, solo ancora più forte. Mi ha aiutato tanto mia moglie Stefania e a lei devo tutto.

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