L’ecstasy, l’alcool, lo sballo e la paura di morire. Fabrizio Moro non dimentica gli anni bui in cui era la droga ad essere il centro del suo mondo e non la musica. Intervistato da Il Messaggero, il cantautore è tornato a parlare degli anni difficili vissuti dopo essere diventato maggiorenne, finito nel vortice dell’uso di stupefacenti e con i quali ha dovuto fare i conti con per gli effetti devastanti.
“Feci uso di stupefacenti perché cercavo tramite le droghe un distacco dalla realtà – ha raccontato al quotidiano Fabrizio Moro – Iniziai a stare male, avevo paura di morire e di fare la fine di alcuni miei amici. Mi salvai grazie alla mia coscienza”. Non è la prima volta che Fabrizio Moro racconta del suo periodo più buio, fatto di alcool e abuso di stupefacenti. Un periodo lungo un decennio conclusosi a 27 anni quando, per il terrore di morire come era successo ad alcuni suoi amici, ha deciso di disintossicarsi.
“Io sono un vigliacco, ho il terrore della morte è una cosa che mi ossessiona”, aveva svelato alcuni anni fa durante un’altra intervista a Radio Italia. Parole che oggi tornano prepotenti per spiegare cosa lo spinse a smettere con le droghe. Fabrizio Moro, che poche settimane fa aveva criticato Vittorio Brumotti per la sua incursione nel quartiere Quarticciolo dove l’inviato era stato aggredito – ha rivelato: “Il desiderio di realizzarmi, attraverso la mia passione per la musica, mi diedero la spinta per uscirne. E anche diventare genitore. Non mi accontentavo di rimanere lì, relegato in un contesto di periferia, disagiato e malmesso anche dal punto di vista del fisico”.
Ed è anche dei figli, Anita e Libero, che Fabrizio Moro ha parlato nella sua ultima intervista al Messaggero, soffermandosi sui timori per gli effetti che la pandemia ha e avrà nel tempo sulle giovani generazioni. Nel parlare della sua esperienza, il cantautore ha raccontato della grande insofferenza dei suoi figli all’esser chiusi in casa senza potersi divertire o incontrare amici. Una reclusione forzata che per Moro peserà sul futuro dei più giovani: “Temo che gli effetti veri della pandemia sulla psicologia dei ragazzi li vedremo solo tra qualche anno”. E forse, non solo dei più giovani.
Novella Toloni, ilgiornale.it