Attore, regista, comico, con la passione per la cucina e per il Milan, è stato uno dei maggiori protagonisti della stagione d’oro della commedia all’italiana
Cento anni fa nasceva Ugo Tognazzi. Attore, regista, comico, Tognazzi è stato uno dei maggiori protagonisti della stagione d’oro della commedia all’italiana insieme ad Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Monica Vitti e Mariangela Melato. Attore grandissimo, poliedrico, capace di sfuggire a ogni etichetta, anticonformista per indole innata Tognazzi ha costruito la sua popolarità nell’arco di una lunga carriera fatta di mille personaggi e maschere in cui ha messo a nudo con ironia le debolezze della società italiana del dopoguerra. Partendo dall’avanspettacolo e dalla rivista, passando per gli studi televisivi fino a raggiungere l’apice della piena maturità espressiva e la completa padronanza dei suoi mezzi sui set dei grandi autori del cinema italiano.
A renderlo popolare presso il grande pubblico furono le sei edizioni del cult televisivo (e perduto) ‘Un due tre’ in coppia con Raimondo Vianello. Per tutti gli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, una sterminata galleria cinematografica di figurine e macchiette: dal viscido dirigente di ‘L’incantevole nemica’ al pauroso borghese di ‘Domenica è sempre domenica’, spalla devota in ‘Totò nella Luna’ e accanto a Tina Pica in una mezza dozzina di farse, fessacchiotto in ‘Non perdiamo la testa’, fino alla satira di ‘A noi piace freddo…!’ che annuncia la svolta decisiva della carriera: la memorabile prova attoriale de ‘Il federale’, in cui dimostra di saper misurare la sua vena umoristica all’altezza della complessità del dramma.
Unico settentrionale a imporsi davvero in un cinema romanocentrico, mette a frutto l’istrionismo scatenato e un temperamento solo in apparenza misurato. Una versatilità che si apprezza ne ‘I mostri’, dove è capace di passare dal moralista onorevole democristiano al poliziotto strabico fino al cinico organizzatore di incontri di pugilato, in ‘Signore e signori buonanotte’, ne ‘Il gatto’ fino all’indimenticabile conte Mascetti il suo capolavoro d’attore in ‘Amici miei’.
Decisivo per la sua carriera fu il sodalizio con Marco Ferreri. Nell’Italia del miracolo economico, i due raccontano con acidità impietosa le ipocrisie, le meschinità e il bigottismo della società italiana in una galleria di personaggi straordinari: dal marito consumato fino alla morte de ‘L’ape regina’, al crudele sfruttatore de ‘La donna scimmia’, dall’uomo sposato con una bambola in ‘Marcia nuziale’, allo chef che si ingozza fino a crepare con ‘La grande abbuffata’. Il rapporto con Ferreri si ruppe con ‘Ciao maschio’, quando il regista chiamò al suo posto Mastroianni.
Pochi come Tognazzi hanno narrato l’impatto dell’amore sulla vita dei borghesi, le ricadute anche fisiche dei turbamenti romantici che travolgono il quotidiano, la gioia dell’intesa e la malinconia dell’abbandono. Da ‘La voglia matta’ a ‘Primo amore’ passando per ‘Romanzo popolare’, sempre con lo sguardo liquido e l’uggia disegnata sul volto, Tognazzi si specializza nel piegare in forma umoristica le relazioni messe alla prova, in piena sintonia con le partner: il futuro sposino di ‘Le ore dell’amore’, il bigamo ne ‘L’immorale’ (che gli valse la nomination al Golden Globe), il marito demotivato di ‘Questa specie d’amore’, quello alla ricerca di nuove emozioni di ‘Cuori solitari’.
Il rapporto con il sesso è sempre stato una componente essenziale dei suoi personaggi: il seduttore scatenato di ‘Liolà’, l’industriale gelosissimo de ‘Il magnifico cornuto’, il boiardo moralista de ‘I complessi’, l’avvocato donnaiolo che si fa incastrare da ‘La bambolona’, l’arrampicatore sociale di ‘Venga a prendere il caffè da noi’, l’industriale travolto dalla passione per ‘La Califfa’, il marito tradito e traditore di ‘L’anatra all’arancia’, l’ozioso e gaudente avvocato di ‘La stanza del vescovo’, il cinquantenne separato travolto dal femminismo in ‘Dove vai in vacanza?’.
Tra tutti i giganti della sua generazione, Tognazzi è stato quello più aperto alla possibilità di ruoli fuori dagli schemi, anche nell’interpretazione sentita, caricaturale ma mai macchiettistica, di personaggi omosessuali. Nell’archetipico ‘Splendori e miserie di Madame Royale’ è un ballerino e corniciaio che di notte diventa drag queen. Meno tragico è il ritratto del maturo impresario in crisi di mezz’età nel cult ‘Il vizietto’, commedia scatenata e popolare che divenne hit internazionale e arrivò perfino agli Oscar.
Come altri protagonisti della commedia all’italiana, anche Tognazzi si diede alla regia con film spiazzanti caratterizzati da uno sguardo esteticamente audace, l’attitudine a raccontare storie anticonformiste di gusto kafkiano. A partire dall’opera prima ‘Il mantenuto’ in cui tratteggia un maschio debole e ingenuo, passando per l’incubo buzzatiano ‘Il fischio al naso’ e l’allucinazione pop del sessantottino ‘Sissignore’. Fino alle ossessioni erotiche di ‘Cattivi pensieri’ e la preveggente distopia apocalittica di ‘I viaggiatori della sera’.
Infine la politica. Nel cinema Tognazzi interpreta con ironia e disincanto mutamenti della società. “Il federale’ e ‘La marcia su Roma’ fanno i conti con la tragedia fascista ma il film fondamentale è il bellissimo ‘La vita agra’ diretto da Carlo Lizzani nella trasposizione cinematografica del romanzo di Luciano Bianciardi. Tognazzi interpreta personaggi ”politici” anche altrove, lontano dall’Italia: lo scrittore anarchico de ‘Il maestro e Margherita’, l’oppositore al regime greco in ‘La smagliatura’.
Ma l’episodio che maggiormente denota il carattere di Ugo Tognazzi e il suo spirito libero è certamente la sua partecipazione, nel 1979, a uno dei più clamorosi scherzi della storia dei media italiani orchestrato dal settimanale satirico Il Male, quando si fece fotografare ammanettato da finti carabinieri per le finte prime pagine delle edizioni straordinarie di alcuni quotidiani che annunciavano l’arresto dell’attore, come capo delle Brigate Rosse.
Appassionato di cucina, adorava preparare cene per parenti e amici, aveva “la cucina nel sangue” come amava ripetere. L’altro amore della sua vita fu il Milan di cui era tifoso accesissimo: “Sono milanista dalla nascita. Il Milan per me è stato prima la mamma, poi Ia fidanzata e poi la moglie. La moglie però si tradisce.”