Era celebre per le sue pellicoIe sulla mafia giapponese: i suoi B-movie hanno ispirato Quentin Tarantino e Jim Jarmusch
Seijun Suzuki, regista giappone di B-movie venerato da Quentin Tarantino e Jim Jarmusch, è morto a Tokio per le complicazioni di una malattia polmonare. Aveva 93 anni. Il suo decesso risale al 13 febbraio, ma solo oggi ne ha dato notizia la casa di produzione Nikkasu Film Studios, con cui l’artista aveva prodotto dal 1956 al 1967 una quarantina di pellicole. “Seijun Suzuki ha debuttato alla regia con Harbor Toast: Victory Is in Our Grasp e da allora ha continuato a influenzare fan e registi di tutto il mondo” ha commentato un portavoce della società “vogliamo esprimere il nostro cordoglio più profondo, la nostra gratitudine più sentita e rispetto per tutto il suo lavoro”.
Conosciuto nel settore cinematografico per l’efficienza e l’alta produttività, Suzuki ha esplorato molti generi specializzandosi su quello della mafia giapponese (yakuza-eigà). Col procedere della sua carriera il suo stile è diventato via via più sperimentale generando il malcontento dei produttori fino a quando a causa di La farfalla sul mirino (1967), paradossalmente anche il suo film più celebre, è stato ostracizzato dall’industria per dieci anni.
Dopo una parentesi forzata per la televisione, Suzuki è tornato a dirigere film per il cinema dal 1977 con Storie di dolore e tristezza. Negli anni successivi ha diretto la trilogia dell’era Taishò, composta da Tsuigoineruwaizen (1980), Il teatro delle illusioni (1981) e Yumeji (1991). Insieme a Shigetsugu Yoshida ha co-diretto Lupin III – La leggenda dell’oro di Babilonia (1985), il terzo lungometraggio d’animazione della serie di Lupin III. I suoi ultimi due film, Pistol Opera (2001) e Princess Raccoon (Operetta Tanuki Goten, 2005), sono stati presentati alla Mostra del Cinema di Venezia.
La Repubblica