Ci sono progetti che suscitano immediatamente scetticismo. L’annuncio nel 2018 di una nuova versione di West Side Story sapeva di sacrilegio: difficile legittimare un remake del classico dei musical creato nel 1957 da Leonard Bernstein, Stephen Sondheim e Arthur Laurents. Soprattutto se il primo adattamento cinematografico di Robert Wise e Jerome Robbins ha vinto non meno di dieci Oscar, diventando opera di culto. Eppure la visione di Steven Spielberg e il talento dello sceneggiatore Tony Kushner (Angels in America) consegnano una grandiosa e moderna narrazione nella più pura tradizione dell’intrattenimento hollywoodiano.
Caposaldo di Broadway, West Side Story traspone la storia di Romeo e Giulietta nella New York del 1960. Due bande si scontrano: i Jets, di origine polacca, irlandese e italiana, e gli Sharks, discendenti di immigrati portoricani. Dietro la tragedia, un po’ di storia d’America unita a una storia d’amore maledetta. Maria, sorella del capo degli Sharks, si innamora di Tony, che appartiene alla banda avversaria. Ignorando le rivalità e il razzismo, si innamorano, sognano il matrimonio e l’amore eterno. Tutto questo mentre dichiarano il loro amore in Tonight o con Maria.
Ciò che colpisce subito in questo nuovo adattamento è il moto perpetuo. Se il film di Robert Wise e Jerome Robbins a volte sembrava un teatro filmato, la macchina da presa di Spielberg è in costante movimento. Spazza questo West Side da cima a fondo, dando vita alla sua popolazione e alle sue imprese. La guerra per il territorio si materializza sempre di più in questo ambiente spumeggiante dove tutti lottano per un pezzo di asfalto con un passo di rincorsa. Il regista rimane così fedele all’opera originale, pur concedendosi alcune brillanti idee di regia, sublimate dalla fotografia del suo compagno di sempre, Janusz Kamiński. Come la scena dell’incontro tra Maria e Tony, in cui i due innamorati si affrontano in un momento sospeso. Qua e là, siamo sedotti dalla reinvenzione della coreografia di America, una ripresa aerea su un blocco di poliziotti, o il posto di rilievo dato al personaggio di Valentina, al punto da dimenticare alcuni dialoghi telefonati.
Ma che cosa significa West Side Story nel 2021? La storia è stata immaginata 50 anni fa, ma riecheggia ancora il dissenso dell’epoca. Steven Spielberg non cerca tanto di metterlo in relazione con i nostri problemi quanto di correggere alcuni degli errori commessi in passato. Per esempio, ha scelto di lanciare attori latino-americani, mentre il film precedente ignorava questo problema di rappresentazione. Una decisione impegnata che ha dato i suoi frutti. Rachel Zegler è all’altezza del suo primo ruolo cinematografico, mentre Ariana DeBose (Anita) e David Alvarez (Bernardo) sono vere rivelazioni. Sul versante dei Jets, Mike Faist (Riff) è in corsa per l’Oscar come attore non protagonista fin dall’inizio, contro uno sguardo vuoto di Ansel Elgort (Tony). L’interpretazione media dell’attore ci impedisce di essere totalmente trasportati dalla storia d’amore, a differenza della coppia formata da Roberto e Anita. Il che minimizza l’importanza dell’atto finale, soprattutto perché il cuore emotivo del film sta nel destino dei suoi personaggi secondari. Tuttavia, si esce da West Side Story con un desiderio furioso di vivere e ballare, con immagini selvagge nella testa.
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