X FACTOR 10, PARLANO I SOUL SYSTEM: “SIAMO WHITE NIGGAS, INTEGRARSI È POSSIBILE”

X FACTOR 10, PARLANO I SOUL SYSTEM: “SIAMO WHITE NIGGAS, INTEGRARSI È POSSIBILE”

La band che ha conquistato il talent: “Che dire? È un sogno, anzi, più di un sogno. Ma non è stato facile arrivare fino qui…”

soul-systemDOVEVA essere la serata d’incoronazione dell’ennesima diva pop, invece è finita con il canto di Natale dei Soul System e la strana favola di cinque ragazzi divenuti ora molto più di un semplice gruppo musicale, forse addirittura il simbolo di un’integrazione possibile, anche tra Verona e Brescia. I “white niggas” come dicono loro. “Che dire? È un sogno, anzi, più di un sogno”, spiegano loro, “ma non è stato facile arrivare fino qui”.
E così, la decima edizione di X Factor, conclusasi con la finale più vista di sempre per Sky e il record di oltre di 2 milioni di spettatori, non ha incoronato una delle tre bad girls Eva, Gaia e Roshelle, non ha celebrato le scelte del nuovo guru Manuel Agnelli né del divo Fedez o della polemica Arisa, fischiata dal pubblico (“Ragazzi, avete rotto! “, ha urlato alla platea), bensì questo irregolare gruppo di figli di immigrati ghanesi, nati e cresciuti in Italia e transitati nel giro di sei mesi dai concerti a Bardolino, sul lago di Garda, a un trionfo inatteso perfino dal loro giudice, Álvaro Soler, costretto a ripescarli e poi incredulo davanti alla fama. “All’inizio dicevano che eravamo perfetti, ma per suonare alla sagra della salsiccia. Poi gradualmente abbiamo aggiustato il tiro”.
Dai concertini in provincia al trionfo a “X Factor”: ve lo aspettavate?
“No, ma il senso di questa nostra vittoria è che se hai un obbiettivo e sei disposto a crederci puoi arrivare ovunque. Sei giallo, rosso, nero? Non importa, la cosa fondamentale è che tu ci creda. Molti nostri coetanei di colore oggi decidono di andarsene dall’Italia, di migrare in Francia o in Inghilterra. Perché? Dicono che un ragazzo nero qui non potrà mai realizzare nulla. Forse è vero, forse no. Le cose stanno cambiando”.
Che percorso vi ha portati qui?
“Abbiamo fatto tutti i lavori possibili, da saldatore a catena a buttafuori. Uno di noi, per un certo periodo, ha perfino fatto le pulizie con la madre per una ditta privata. Poi un giorno ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di mollare tutto e dedicarci alla musica, ai Soul System. Niente distrazioni. Oggi possiamo dire che è andata bene”.
E siete addirittura diventati il simbolo dell’altra faccia del Nord Est. A Verona cosa dicono della vostra vittoria?
“Verona è spesso indicata come una città razzista, ma noi non possiamo che parlarne bene: la gente ci ha seguito fin dagli inizi del nostro viaggio a X Factor, i quotidiani locali ogni giorno scrivono di noi. La Lega? Non ci interessa la politica, l’importante però è che non si mettano a fare leggi sulla musica”.
È stato difficile crescere in Italia?
“A volte sì. Ziggy è cresciuto a Verona nei primi anni Novanta, quando ancora non c’erano molte persone di colore. Era l’unico bambino nero della scuola, addirittura del quartiere. Era come fosse un albino. Ma la cosa più difficile da sopportare è quando a noi, nati e cresciuti qui, chiedono da dove veniamo, di che Paese siamo. Ma noi siamo italiani”.
Le vostre famiglie cosa dicono?
“I nostri genitori sono arrivati qui per garantirci un futuro diverso, hanno raccolto patate, olive, e per crescerci hanno fatto sforzi enormi. Adesso la nostra responsabilità è quella di compiere un passo successivo, riuscire a fare qualcosa di più grande”.
Quale sarà ora il vostro futuro?
“Vedremo. Ci sarà un disco, ma per ora non c’è niente di deciso. Probabilmente registreremo qualcosa con Álvaro, che già ci ha chiesto di aprire i suoi concerti il prossimo anno. La prima cosa che faremo ora sarà rilassarci un po’. Sono stati mesi impegnativi”.

di ANDREA MORANDI,  La Repubblica

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