In Florence Meryl Streep veste i panni della più celebre stonata della storia. Ecco come si racconta
Cantare è sempre stata la sua grande passione, e sebbene non abbia mai pensato di farne una professione, nonostante una voce da soprano allenata sin da piccola, Meryl Streep canta, canta ogni volta che può. Lo ha fatto in Radio America di Robert Altman e in Mamma mia!, il musical grazie al quale la sessantasettenne attrice ha conquistato il pubblico dei giovanissimi. Per questo il ruolo di una tenace e appassionata cantante d’opera newyorkese in Florence, il film diretto da Stephen Frears e in arrivo giovedì nelle sale, era irrinunciabile.
Ma Florence Foster Jenkins, ereditiera protagonista dei salotti dell’alta società newyorkese, generosa mecenate, impegnata a intrattenere con l’aiuto del pianista Cosme McMoon e del marito e manager (interpretato da Hugh Grant), l’élite cittadina prima con eccentrici tableaux vivants, poi le sue performance canore, era stonata come una campana. La sua voce stridula e ridicola – che potete facilmente ascoltare su YouTube – era una vera tortura per le orecchie, tutte le orecchie tranne le proprie che invece la percepivano come dolce e melodiosa.
Protetta dal marito, Florence non sembra avere consapevolezza della propria mediocrità e solo quando all’età di 76 anni deciderà di esibirsi in pubblico in un concerto alla Carnegie Hall, senza invitati controllati, la verità rischia di venire a galla. Anche perché per il suo concerto Florence donò mille biglietti ai reduci di guerra, che ovviamente si sbellicarono dalle risate appena la sentirono cantare. Ma in quegli anni nasceva anche il gusto per il kitsch e molte persone davvero adoravano la Jenkins sotto le sue pompose parrucche, quando dava il peggio di sé, mentre il pessimo gusto diventava quasi “sublime”.
«Quando Stephen Frears mi ha chiamato per propormi il ruolo della peggiore cantante d’opera del mondo – ha raccontato la Streep – ho detto subito di sì senza leggere neppure la sceneggiatura. Ricordo ancora le risate quando al primo anno di recitazione noi studenti ci passavamo una registrazione di Florence che cantava con la sua orribile voce. Immergendomi però in questo personaggio ho capito che cantare senza talento è ridicolo, certo, ma cantare o fare qualsiasi altro lavoro senza passione è un vero e proprio delitto. E lei di passione ne aveva tanta, capace di contagiare chi le stava intorno.
Florence era animata da uno spirito infantile, durante le sue esibizioni era come quando i bambini mettono in scena uno spettacolino e tu vorresti ridere, ma non puoi perché loro ci credono davvero. Crescendo tutti noi perdiamo qualcosa, mentre Florence non ha mai perso la sua capacità di coinvolgere. Non si accorgeva di quanto fosse ridicola, era felice di divertire il suo pubblico sul quale spargeva generosamente gorgheggi e fiori. Non abbiamo dunque realizzato un film sulla mediocrità di una cantante, ma sulla grande, incondizionata dedizione di una donna per l’arte, di un uomo per una donna, di un pianista per la sua eccentrica cantante».
Se per Florence la musica era la vera ragione di vita, per la Streep la passione per la recitazione è la stessa di quando ha cominciato. «Tutte le donne che ho interpretato hanno per me la stessa importanza. E sono orgogliosa di aver aperto la strada a molte attrici, che oggi possono avere una carriera anche dopo i quarant’anni. Anche grazie al grande sviluppo delle serie televisive». Non è facile stonare per chi sa cantar bene. La Streep ha dovuto tornare a lezione per imparare a distorcere la propria voce e a “steccare”.
«La preparazione è stata molto divertente perché ho avuto un bravissimo maestro della Metropolitan Opera, che mi ha insegnato prima a cantare nel modo migliore possibile brani come Regina della notte dal Flauto magico di Mozart o l’Aria delle campanelle dalla Lakme di Délibes, e poi far deragliare la voce, a rovinare tutto quello che avevo imparato. Ci vuole un certo metodo anche nello sbagliare… Quando le persone che mi stavano intorno hanno cominciato a ridere, ho capito di aver raggiunto il mio obiettivo». Con diciannove candidature all’Oscar e tre statuette vinte, la Streep è forse la più grande attrice di sempre. Ma c’è qualcosa che avrebbe voluto fare e non è riuscita a raggiungere? «Le illusioni sono necessarie, importantissime. I film stessi sono illusioni. Io sono pessima in molte cose, credete, e i miei quattro figli mi aiutano ogni giorno a ricordarlo».
di Alessandra De Luca, L’ Avvenire