NELLA HIT DELLA VOLGARITÀ LA PAROLACCIA È RAP, IL ROCK È SOLO SESTO

NELLA HIT DELLA VOLGARITÀ LA PAROLACCIA È RAP, IL ROCK È SOLO SESTO

rapper(Paolo Giordano, click Il Giornale) Su mezzo milione di brani c’è in media un’oscenità ogni 234 parole E la ricerca conferma che folk e country sono i generi più “educati”. Il tuo bacio è come un rock. Ma la parolaccia è come un rap. Tra tutte le centinaia di analisi, ricerche e statistiche che immancabilmente avvolgono la musica leggera, due studiosi hanno fatto quella forse più significativa: quanto è volgare ciò che ascoltiamo? Quante sono le parole offensive che vengono diluite nei testi più popolari? Varun Jewalikar e Federica Fragapane hanno scandagliato Musixmatch (www.musixmatch.com), che è uno dei database mondiali più aggiornati ed è pure italiano (cioè di Bologna).
490.100 canzoni. 62.280 album. 10.386 artisti. 8 generi musicali (hip hop, rock, indie rock, heavy metal, elettronica, pop, country e folk). Tutti studiati, analizzati, comparati. Insomma, su 94milioni e 839.701 parole complessivamente contenute nelle canzoni, la percentuale di parolacce arriva allo 0.45 per cento. Per chi non ha voglia di far di conto, si tratta di 1 parolaccia ogni 234 parole. Una media addirittura inferiore a quella calcolata tempo fa dallo psicolinguista Timothy Jay, che valutava l’incidenza della parolaccia tra lo 0.5 e lo 0.7 per cento delle parole pronunciate da una persona nel singolo giorno (tutti dati che si possono trovare sul sito parolacce.org). Il repertorio analizzato è soltanto quello straniero perché quello italiano è ancora da setacciare e forse sarebbe giusto farlo. Ma nel frattempo questa ricerca offre una fotografia piuttosto precisa di ciò che ascoltiamo in radio, in tv, sul web e su tutte le piattaforme streaming. Non a caso, il più sboccato di tutti è l’hip hop che vanta la media di una parolaccia ogni 47. Quello più casto è il country, ci mancherebbe: una parolaccia ogni 4438 parole. Non pervenuti, per ovvi motivi, il soul e ovviamente il gospel, se non altro perché è la musica che accompagna tante funzioni religiose soprattutto negli Stati Uniti. L’heavy metal è al secondo posto (una volgarità ogni 352 parole), l’elettronica/dance al terzo (una ogni 498). A distanza siderale il pop (una ogni 904), l’indie rock (una ogni 1037) e poi incredibilmente il rock. Il genere musicale storicamente considerato il più offensivo in realtà è una mammoletta visto che sfoggia una parolaccia ogni 1043, mentre il folk fa ancora meglio: una ogni 2925. Fuori gara il country, genere fortissimo nel cuore profondo degli Stati Uniti: chi lo canta, si sbilancia con una parolaccia ogni 4438 parole comprese nelle canzoni.Però attenzione.Come sempre, ogni statistica ha i propri lati deboli. In questo caso, la ricerca è partita dai filtri utilizzati da Google, che comprende termini male accetti negli Stati Uniti (ad esempio lust o sex, libidine e sesso) ma che in Europa non fanno né caldo né freddo. Però questa classifica è in qualche modo uno specchio dei tempi. E, se togliamo la parola «nigga» (cioè negro), l’85 per cento delle parolacce orbita tra quelle più prevedibili: fuck, ass, dick, bitch, shit, piss, cum, motherfucker, whore. La traduzione è inutile (e vietata…), ma l’ambito è prevedibile: tutte riguardano il sesso, gli organi sessuali e le attività sessuali. Quattordici termini praticamente di uso comune in quasi tutte le fasce di età post scolare. Ma c’è una ulteriore discriminante: il peso specifico di ogni termine, la sua collocazione storica e contestuale, il rilievo che ciascun substrato sociale le attribuisce. Tanto per chiarirci, Ozzy Osbourne dei Black Sabbath ha più o meno la media di una volgarità per frase, ma le sue sono state storicamente meno rilevanti delle (pochissime) pronunciate dai Beatles mezzo secolo fa, quando la percezione della collettività era nettamente amplificata. Oggi, si sa, dalla tv, dalle radio e dal web sgocciolano talmente tante parolacce da mandare in tilt qualsiasi ricerca.

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