MONICA VITTI, 60 ANNI FA L’ESORDIO

MONICA VITTI, 60 ANNI FA L’ESORDIO

Monica Vitti(di Giorgio Gosetti, generic Ansa) Enigmatica e distante bellezza sognata da Michelangelo Antonioni nell’Avventura, incerta e passionale Ragazza con la pistola per Mario Monicelli, travolgente sciantosa con Sordi in Polvere di stelle. Con una lunghissima filmografia e oltre 50 personaggi, Monica Vitti, 83 anni compiuti da poco ma da oltre un decennio assente dalle scene e dalla vita pubblica, esordiva 60 anni fa, con Ridere! Ridere! Ridere! diretto da Edoardo Anton e sceneggiato da Ettore Scola. Un film che racconta episodi di comicità che vengono raccontati durante un viaggio in treno tra il signor Spinotti (Mario Riva) e il controllore. Tra gli sketch più famosi, quello con un buffo e divertente primario di un ospedale (Ugo Tognazzi) e due pazienti che prima bisticciano e poi s’innamorano l’uno dell’altra (Sandra Mondaini e Raimondo Vianello). Nata a Roma il 3 novembre del 1931, Monica Vitti arriva al cinema quasi per caso.

Conosce Michelangelo Antonioni ed è amore travolgente: il regista chiede all’attrice di dar voce al personaggio di Virginia ne Il grido (1957) e poi a Claudia, l’amante de L’avventura, ruolo con cui la Vitti entra nel cinema italiano dalla porta principale, regina dell’incomunicabilità antonioniana, personaggio irraggiungibile e affascinante che inaugura in modo esemplare gli anni ’60 anche grazie all’altro film dello stesso anno, La notte, in cui impersona Valentina, altezzosa erede di un ricco industriale. Monica conquista tutti con un cliché di personaggio tragico e intellettuale capaci di battute memorabili (‘Mi fanno male i capelli’) e di silenzi bravamente retti in primo piano davanti alla cinepresa con in L’eclisse o Deserto rosso. Consacrata con questo film dal Leone d’oro a Venezia nel 1964, l’attrice cerca nuove sfide, complice l’allentato legame con Antonioni di cui resterà però sempre amica e confidente tanto da ritrovarlo nel 1980 sul set di Oberwald. La svolta comincia nel 1966 quando accetta un film inglese, un divertimento in stile 007 diretta da Joseph Losey. Scopre dentro di sé un talento comico, un’autoironia confermata in patria l’anno dopo con Fai in fretta a uccidermi… ho freddo e Ti ho sposato per allegria. Tocca a Mario Monicelli, nel 1968, reinventare Monica secondo una diversa idea divistica, in cui all’icona muta si sostituisce l’attrice di prorompente vitalità.

Bruna, scarmigliata, con accento siciliano e sentimenti passionali, la Ragazza con la pistola lascia la terra natale e insegue fino a Londra il seduttore di una notte. Negli anni ’70 avrà in Alberto Sordi il partner di fiducia, anche nella vita privata, e in Scola e Monicelli i pigmalioni artistici dietro la macchina da presa. Ma quei successi sono, in prevalenza, ‘i film della Vitti’ da Dramma della gelosia e Ninì Tirabusciò, la donna che inventò la mossa (1970), da Teresa la ladra di Dario Di Palma (1972) a Tosca di Gigi Magni (1973), da Polvere di stelle diretto da Sordi nello stesso anno a L’anatra all’arancia dell’amico Luciano Salce (1975). E poi A mezzanotte va la ronda del piacere, Mimì Bluette, fiore del mio giardino, Amori miei, Il tango della gelosia che nel 1980 chiude il periodo più fortunato. In mezzo c’è spazio per collaborazioni con grandi maestri come Bunuel (Il fantasma della libertà, 1975) e Il mistero di Oberwald presentato alla Mostra di Venezia dell’80. Il decennio successivo vedrà Monica Vitti più appartata (si lega a un nuovo compagno, il fotografo Roberto Russo, scrive un romanzo, si cimenta nella produzione): l’ultimo successo, nel 1982, è Io so che tu sai che io so (ancora con Sordi), poi i film del declino, fino alla miniserie tv dal titolo esemplare Ma tu mi vuoi bene? del 1991. Da allora, anche per una dolorosa malattia mai ammessa e che l’ha portata a proteggere in modo ferreo la sua privacy con l’amorosa vigilanza di Roberto Russo, sono state rarissime le apparizioni pubbliche dell’attrice tra cui si ricorda quella nella cittadina francese di Créteil dove il Festival delle Donne del 1993 le ha tributato un omaggio speciale.

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