Berlincioni torna alla canzone per Mina e sforna un altro capolavoro

Berlincioni torna alla canzone per Mina e sforna un altro capolavoro

(di Tiziano Rapanà) Amare è deteriorarsi nell’irrazionale, per poi riprovarci e ripetere l’errore (anche sbadatamente). “Che sbadato!”, ci ripetiamo allo specchio e sia mai che abbiamo torto. È lecito perdersi nel proprio squilibrio, perché amare è quasi un atto psichico (talvolta contro sé stessi). E allora questa furia d’amore come la si racconta? Nel noblesse oblige post sentimentale di quintali di pellicole hollywoodiane, dove lei e lui si cercano dopo mille paturnie pre/post corna? Dio ci liberi dall’immaginario già immaginato, immagazzinato, pronto per essere consumato. La follia dev’essere raccontata nel pieno svolgimento dello sragionamento. Così, dopo più di trent’anni, Fabrizio Berlincioni è tornato sul luogo del delitto. Quello di Ti lascerò, dello splendido duetto Leali-Oxa, e stavolta per Mina (il suo nuovo disco, Glassa d’amante) ribalta tutto: “Non ti lascerò”, fa cantare. L’amore che resiste, incide le carni e continua – nonostante le intenzioni (forse sensate?) di ripensamento – a vivere. Fabrizio Berlincioni, sul tappeto musicale di Mauro Culotta, ha fatto un altro capolavoro. E Mina è sempre Mina, unica ragione che dovrebbe portare gli atei a desistere dalle loro convinzioni: la sua voce è la prova dell’esistenza del padre eterno. Una voce così è divina, non fa parte della naturali alchimie della natura e nemmeno anni di studio possono costruire il meraviglioso portento. Riecco Berlincioni nel ruolo di ala tornante, a difesa della musica italiana che continua. Bisogna costruire un bunker per preservare il meglio dall’orrido odierno, troppi improvvisati pretendono di fare canzone e i fessi li accontentano con milioni di visualizzazioni.

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