La valorizzazione, anche da un punto di vista pubblicitario, delle audience dei programmi televisivi visti sui device digitali sta diventando uno dei temi su cui si stanno concentrando i vertici dei maggiori broadcaster nazionali (se ne parlerà oggi al convegno organizzato da Fcp-Assotv a Milano). Il lavoro di Auditel si sta via via affinando, a dicembre verranno rilevate pure le app, e, come da programmi, entro il 2020 dovrebbe essere disponibile l’ascolto medio individuale sul digitale, in modo da poterlo sommare all’ascolto medio sulla tv classica ed avere così la total audience di un programma e di un canale.
In prospettiva, è chiaro, il parametro più interessante per pesare le audience sul digitale sarà il tempo speso per vedere un certo contenuto. Ma in una logica molto digitale, tuttavia, ha piuttosto senso spingere anche sugli stream erogati, seppur di durata minima, poiché in genere, prima di ogni stream di un contenuto televisivo, l’utente deve sempre vedere uno spot pubblicitario in pre-roll.
Se si analizza la classifica realizzata su dati Auditel per stream erogati di contenuti televisivi da settembre al 16 novembre, le prime cinque posizioni sono occupate da brand di Mediaset: domina Sportmediaset, con 41,8 milioni di stream erogati (e quindi almeno 41,8 milioni di spot veicolati sul target), seguito da Le Iene (32,4 milioni), Uomini e donne (20,3 milioni), TgCom24 (18,2 milioni) e Play Cult (14 milioni). Bene La7 con Otto e mezzo al sesto posto (9,2 milioni di stream erogati) e L’aria che tira all’ottavo (8,8 milioni di stream), separati da Temptation Island Vip ancora di Mediaset al settimo (9 milioni di stream). Tutti precedono Striscia la notizia (Mediaset) con 5,2 milioni di stream, e, al decimo posto, ecco il primo brand di Sky, X-Factor 13-Testa il testo: Rock the casbah (4,7 milioni).
Come detto, è nell’interesse di ciascun broadcaster valorizzare sul digitale un marchio in palinsesto o un canale, in modo da ritrovarsi poi un dato da sommare a quello televisivo e ricavare la cosiddetta total audience. Ma ci sono anche casi differenti. Per esempio Play Cult, brand al quale non corrisponde nessun programma o canale di Mediaset. E quindi? «Tutti i contenuti che non hanno più un programma o un canale finiscono in grandi calderoni», spiega Federico Di Chio, senior vice president strategy and corporate marketing del gruppo Mediaset, «e da noi abbiamo Mediaset Digital, dal quale ogni tanto tiriamo fuori qualcosa e creiamo dei sotto-aggregati. Come Play Cult, che abbiamo lanciato qualche mese fa, e con il quale valorizziamo il nostro ricchissimo archivio. Non siamo gli unici a farlo (Sky è piuttosto attiva, Rai per ora sta investendo tutto su Fiorello e Viva RaiPlay, Discovery spinge su DPlay Originals, ndr). Noi però abbiamo veramente un archivio sterminato. E, tanto per fare un esempio, il contenuto primo in classifica di Play Cult è la sigla del Karaoke cantata da Fiorellino (Beppe Fiorello, ndr), con 2,3 milioni di stream erogati fino al 16 novembre».
Play Cult era una sezione di Mediaset Play, «e abbiamo capito che una parte del nostro archivio potesse avere molto valore in formato clip e video breve. Poi il processo interno di digitalizzazione e di indicizzazione», prosegue Di Chio, «ci ha fatto scoprire tante pepite d’oro. Molti autori si sono allora messi a valorizzare quanto disponibile in modo da proporlo online. E da subito c’è stata una risposta altissima del pubblico. Ci sono anche tanti spunti di cronaca che danno occasioni di visibilità: se, ad esempio, parte il programma di Fiorello su Rai Play, ecco che noi possiamo mostrare cosa faceva Fiorello al Karaoke 30 anni fa. O spingere sulla sigla del Karaoke condotto da suo fratello Fiorellino. Nel mondo digitale a ogni stream erogato corrisponde almeno uno spot in pre-roll. Certo, alla fine di tutto il percorso Auditel conterà di più il tempo speso, per arrivare alla total audience. Ma per ora anche gli stream erogati hanno molto senso».
Da una settimana sono stati estratti dal calderone pure i dati di TgCom24 (che però ha un suo canale tv), dati che in precedenza «andavano ancora in Mediaset Digital perché non eravamo sicuri che tutti i contenuti fossero correttamente taggati. Ora possiamo estrapolarli e valorizzarli». E in effetti gli stream del TgCom24 erogati sono tantissimi.
Ma, in estrema sintesi, i dati Auditel relativi ai device digitali sono già significativi e usati sul mercato? «Allora, diciamo che al momento destano curiosità e sono un po’ per addetti ai lavori. La rilevazione delle app dovrebbe arrivare per inizio dicembre, quando sarà completato il processo di certificazione della nuova Rai Play», risponde Di Chio, che è pure consigliere di amministrazione Auditel, «e siamo consci che ci sia ancora un percorso da fare. Tuttavia, alla fine ci sarà la total audience. E quando nel 2020 avremo l’ascolto medio individuale, e se Uomini e donne, oppure Le Iene guadagneranno un ascolto significativo, allora questi dati diventeranno spendibili in termini di potenziali incrementi della raccolta pubblicitaria».
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi