La prima puntata di Selfie – Le cose cambiano rivela un inconfondibile effetto dejà-vu, mentre Simona Ventura, in un programma tutto suo in prima serata, sembra muoversi in punta di piedi nell’universo defilippiano. Che cosa non ha funzionato?
«Mi fate emozionare, mi tremano le gambe», esordisce Simona Ventura dopo aver sceso le scale di Selfie – Le cose cambiano, accolta da un boato del pubblico. Come biasimarla, d’altronde. Dopo anni di militanza a Sky e l’esperienza isolana, finalmente l’occasione che meritava: un programma in prima serata su Canale 5. Peccato che l’esperimento, scritto e prodotto dalla Fascino di Maria De Filippi, abbia un sapore vintage.
Sì perché lo show, incentrato sulla delicata mission di aiutare persone in difficoltà con il proprio corpo (e, in certi casi, con la propria mente), sembra ricalcare i migliori programmi della tradizione del Biscione e non: dal Brutto anatroccolo, da cui Selfie ruba la colonna sonora (You’re beautiful di James Blunt) a Bisturi, da cui copia lo specchio girevole; dal Come mi vorrei di Belén al Treno dei desideri di casa Rai.
Al di là dell’«effetto déjà-vu», il problema più grande di Selfie rimane un cast potentissimo sulla carta, ma slegato come l’olio e l’acqua nella realtà. Le coppie di mentori, per esempio, sembrano non avere nulla da spartire così come la giuria, spesso mummificata e con diritto di parola una volta sì e una no. Senza contare l’incredibile percentuale di creature defilippiane, come Tina Cipollari, Alessandra Celentano, Stefano De Martino e Gemma Galgani.
In effetti, è proprio questo lo scricchiolio più fastidioso. Perché a saper gestire i battibecchi fra Tina e Gemma c’è solo una donna al mondo. E, purtroppo, non è la Ventura che si limita, com’è giusto che sia, al ruolo di spettatrice, muovendosi nell’universo di Maria quasi in punta di piedi. A SuperSimo occorrerebbe crearsi, così come negli anni dell‘Isola e di Quelli che il calcio, un universo tutto suo, nel quale si senta completamente a suo agio.
Eppure, fra un video-selfie su un ventottenne che russa e un altro che sogna di diventare come Massimo Ghini, la Ventura che abbiamo imparato ad amare fa sempre capolino. Come quando definisce la giuria «il bar di Star Wars», paragona il suo cast a San Tommaso perché «noi andiamo fino in fondo» e seda la discussione fra Tina e Katia Ricciarelli da professionista qual è. Eppure non basta. Così come non basta il carrozzone della De Filippi e la formula già stagionata. Alla Ventura servirebbe di più.
Mario Manca, Vanity Fair