Fra i reporter di Tv3: nessuno ci darà la linea, piuttosto ci chiudano
Se il governo spagnolo vuole davvero intervenire nei mezzi di comunicazione catalani dovrà fare i conti con gente come il tecnico Jordi: «Madrid ci detterà il telegiornale? Fanno prima a chiuderci».
Benvenuti a Tv3, la catena televisiva dell’autonomia, «teleindipendenza» secondo i tanti nemici, l’unica tv a «far parlare i catalani», secondo i (molti) spettatori. L’articolo 155, la sospensione parziale delle competenze regionali, colpirà anche qui, anche se non si sa bene come. Per ora dall’esecutivo arrivano indicazioni di principio: «Si garantirà un’informazione veritiera, obiettiva ed equilibrata» sia per Tv3 che per l’emittente Catalunya Radio.
Entrando nella cittadella della tv, alle porte di Barcellona, si capisce che non sarà facile dettare la linea da Madrid. Qui lavorano oltre 2000 persone, tra tecnici, impiegati e giornalisti, non tutti indipendentisti («siamo pluralisti, c’è persino qualcuno che non tifa il Barça» si scherza), nessuno è disposto a prendere ordini da qualche commissario che arriva da lontano. «Nemmeno il direttore osa scendere in redazione a dirci cosa dobbiamo fare – racconta Lluis Caelles, vicecapo della redazione esteri e delegato dei giornalisti al controllo della deontologia – facciamo tanti errori e ne discutiamo tra di noi, ma non manipoliamo l’informazione». Il sindacato interno è durissimo col il governo spagnolo: «È un attacco diretto, indegno e spudorato alla libertà di stampa». Il direttore Vincent Sanchis, un tipo energico, si mostra tranquillo: «Si sono messi in una situazione complicata da soli. Vogliono rimuovermi? Il mio posto lo stabilisce il consiglio professionale dei mezzi audio visivi della Catalogna, a sua volta eletto dal parlamento. Se mi cacciano violano quella legge che dicono di difendere».
Entrare nei contenuti? «Non ci credo, è una cosa assurda e inaccettabile. Tutto è fuori dallo Statuto di autonomia che è vigente, lo ha detto Rajoy. Insisto: si sono messi nei guai da soli. Vediamo come ne escono».
In Spagna si dice di tutto su questa tv, con paragoni non edificanti, «propaganda degna della Corea del Nord», è come Telesur (l’emittente del regime venezuelano), come esempi recenti si cita un programma che spiega ai bambini il processo indipendentista: «Il paradosso è che quelli che polemizzano con Tv3 spesso lo fanno dagli schermi di Tv3 – prosegue Sanchis – quando l’ex presidente del parlamento europeo Josep Borrell ha detto che siamo una “vergogna democratica”, lo ha fatto nel corso di una diretta di tre ore da questi schermi. Il giorno che vedrò Jordi Cuixart (il leader indipendentista attualmente in carcere, ndr) criticare i media sulla televisione pubblica spagnola sarò felice». Il paragone con la Tve (Television española) ricorre: «Parlano di neutralità, ma il giorno del referendum solo noi abbiamo dato voce, oltre che ai politici di tutti i partiti anche alle vittime» si sente ripetere in redazione. «Si è costruito un racconto su di noi, si dice che indottriniamo i catalani – aggiunge Caelles – ma abbiamo poco più del 10% di share, mentre l’80% delle tv che si vedono qui sono di Madrid».
Mancano pochi minuti al tg della sera, il principale appuntamento della giornata, «venga a vedere la scaletta – dice il caporedattore Xavier Castillo – nel primo servizio parla Rajoy. Nel secondo si parla della sospensione dell’autonomia, e intervengono esponenti socialisti e di Ciudadanos, tutti contrari all’indipendenza. Il primo servizio dove si ascoltano esponenti del governo catalano è il sesto. Forse non sappiamo manipolare».
La Stampa.it (dal suo inviato a Barcellona)