(VeroCucina) CONDUTTORE TELEVISO(…)CON LA CUCINA
Definirlo il più celebre critico gastronomico italiano non basta. È un giornalista, look conduttore televisivo e scrittore, con alle spalle un lungo percorso professionale. Ha fatto dei suoi sensi la sua passione e il suo lavoro. Tanto da stipulare una polizza assicurativa su gusLo e olfatto per un valore di 500mila euro. Tutto questo e tanto altro è Edoardo Raspelli. Ci può descrivere il suo rapporto con la cucina? «Amore e odio, senza dubbio. Da piccolo mi chiamavano Mauth&usen, come il campo di concentramento nazista, perché ero molto magro, ma sono sempre stato molto goloso. Mio padre, un dirigente sindacale a livello nazionale, scriveva sul giornale per passione, a sua volta figlio di un tenente dei carabinieri che si chiamava come me, era un uomo d’ordine e in casa ci ha fatto soffrire la mancanza dei sapori e degli odori, gli davano fastidio i pomodori, aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, porri, quindi in casa seguivo una cucina asettica. Però la sorella di mia madre aveva una villa sul Lago di Garda e io andavo spesso a Gragnano a mangiare leccornie. Ho avuto da sempre in cima ai miei pensieri il cibo. Per intenderci, a 16 anni sono arrivato a Parigi in autostop, dormendo per giorni in un ostello della gioventù, sono andato a mangiare una sera alla Tour d’Argent e la sera dopo da Lasserre, due ristoranti che, una volta, per l’immaginario collettivo erano le mete perfette per chi volesse mangiare bene…… Audacia, intraprendenza e dinamicità sono le forze che le hanno permesso di raggiungere i suoi obiettivi nonostante la giovane età? «Io sono più vanitoso che grasso, il mio orgoglio professionale, arrivato 66 anni, è quello di aver fatto un sacco di cose. Frequentavo ancora il liceo classico quando, nel 1969, scrissi il mio primo articolo sul Corriere della Sera, il secondo a un mese di distanza me lo hanno pagato ben 30mila lire, che equivale a 800 euro di oggi. A ventidue anni vengo assunto dal Corriere din formazione. Il 10 ottobre 1975, su ordine del direttore Cesare Lanza, do vita alle pagine settimanali dedicate ai ristoranti dalla parte della gente. Mi spiego meglio. Fino ad allora recensivo la Guida Michelin, che era l’unica esistente e non aveva ancora nel suo interno l’elenco dei ristoranti promossi e bocciati, né tantomeno un elenco dei ristoranti che perdevano la stelletta. Allora prendevo la guida appena uscita e quella dell’anno prima, giravo pagina per pagina e pubblicavo l’elenco dei bocciati, creando così un casino sull’intero territorio nazionale. Su questa spinta. Cesare Lanza mi obbliga a diventare il cronista della gastronomia». Praticamente? «Ti rechi ai ristoranti, mangi, paghi e racconti di quel determinato ristorante, esaminando e valutandolo a 360 gradi. Gli inventai la rubrica dedicata al ristorante peggiore della settimana contrassegnata da una faccia di disgusto nera. Da vent’anni a questa parte ho aggiunto ai ristoranti la recensione degli alberghi, che pubblico sul giornale torinese La Stampa. Mi sento orgoglioso del mio percorso professionale, sottolineando che oggi sono l’unico che da anche i giudizi negativi alla ristorazione, nonché
l’unico che recensisce oggettivamente gli alberghi, e questo è una grande soddisfazione personale e professionale». Quando e come ha iniziato il suo percorso con uno dei programmi più seguiti su Canale 5? Mi racconti del suo legame con Melaverde. «Nel ’98 ho iniziato a raccontare dei ristoranti a Melaverde. Questo mio spazio, pian piano, è andato crescendo, da lì poi la proposta di Mediaset e del produttore Giacomo Tiraboschi di fare il conduttore. Nel corso degli anni si sono succedute molte co-conduttrici donne, mentre io sono stato il secondo e ultimo, ad oggi. Questa è un’altra cosa che mi riempie di orgoglio! Tengo moltissimo a quel programma, è la mia vita, la cosa più importante che faccio professionalmente, mi da soddisfazione soprattutto per il grande ascolto, c’è molta gente che mi guarda, che guarda il programma e fa complimenti ogni volta che mi incontra. Con il programma andiamo alla scoperta dei prodotti della nostra penisola, come si fanno, come si coltivano e come si trasformano. Ma soprattutto noi facciamo scoprire le storie, le persone, quello che c’è dietro ai prodotti, facciamo conoscere l’altra parte dell’Italia. È un grande Paese industriale, si sa, però c’è stato il ritorno all’agricoltura, alla campagna, alla montagna e anche al mare. Tutte diventate delle grandi risorse, anche dal punto di vista economico. In diciassette anni di tv, noi siamo la testimonianza della rinascita di questo settore». L’Italia vanta una grande enogastronomia territoriale, lei cosa preferisce? «Amo più mangiare che bere, anche se sono nato professionalmente nel vino, con l’associazione italiana sommelier di Milano. Ho cominciato bevendo i Colli Tortonesi. del produttore Volpi, che oramai esporta per l’ottanta per cento all’estero. Sono un onnivoro di cose buone, anche se spesso devo mangiare quelle cattive dei ristoranti. Adoro i cosiddetti gamberi rossi di Sicilia, che si pescano a Mazaro del Vallo, ma anche ad Anzio, a Viareggio e Santa Margherita Ligure. Mi piace tanto anche la cassoeula lombarda, questo umido di parti di maiale con la verza ghiacciata dal freddo. Per quanto riguarda i vini preferisco quelli fermi, come i bianchi dell’Alto Adige e i rossi piemontesi. Quando vado in giro per l’Italia cerco di scoprire non solo i piatti, ma anche i vini e le assicuro che ogni giorno c’è una scoperta. Tutto lo è, anche ciò che può sembrare un alimento banale». Un esempio? «La zucca è uno dei prodotti che spesso cito come simbolo della grandezza e varietà della cucina italiana. È l’elemento principe di un piatto che adoro, ovvero i tortelli di zucca. La amo anche nel risotto. Mentre mia moglie la ama e la cucina in molteplici modi. ma la preferisce anche semplicemente all’insalata, con la sola aggiunta di olio o al massimo con l’aceto balsamico di Modena. La zucca è l’emblema della cucina italiana, che ha dietro delle storie di imprenditorialità straordinarie. È un prodotto stagionale, nei mesi centrali dell’estate. Grazie alla fantasia e al coraggio di alcuni imprenditori si è creata la destagionalizzazione. Mi spiego: molte aziende specializzate in zucca, come ho raccontato anche a Melaverde, coltivano la zucca in Italia nei mesi canonici, poi negli altri mesi dell’anno, quando da noi fa freddo, la produzione della zucca si sposta in Senegal, come si fa anche per i meloni. Appena raccolti a mano arrivano, se non il giorno stesso, il mattino dopo, sui mercati italiani e sono buonissime. Quindi dietro la zucca c’è coraggio, fantasia, imprenditorialità e storia della cucina». Ha accennato poco fa ai gusti di sua moglie. Ci racconti qualcosa dei suoi figli? Hanno voluto seguire le sue orme, professionalmente parlando? «No, i miei figli hanno intrapreso strade completamente differenti da quella che percorso. Mia figlia Simona di 34 anni,
psicologa e dottore di ricerca, si occupa di ottimismo e lutto e collabora con l’associazione A.B.I.O, filtra i volontari che vanno ad assistere i bambini in ospedale. Inoltre è una bravissima scrittrice. La settimana scorsa ha pubblicato il suo libro Anche la luna è capovolta, un racconto struggente dei suoi mesi di volontariato in Palestina, in un campo di profughi, e in Burundi. Il mio secondo figlio, Matteo, 33 anni, laureato in Ingegneria dell’automazione, lavora presso un’azienda metallurgica a Rho. Sono entrambi magri, molto molto attenti, ma anche molto golosi, hanno un grandissimo palato, più valido del mio. Sin da piccoli li ho portati in ristoranti dove hanno avuto l’opportunità di fare tanta esperienza, tanti assaggi e queste cose rimangono, per sempre». *
171 ZUCCA MANTOVANI
Ingredienti per 4 persone
• 300 g di pasta fresca al’uovo in sfoglie
• 600 g di zucca
• 60 g di amaretti
• 80 g di mostarda di Creraona
• 40 g di parmigiano gra:tugiato
• 1 rametto di rosmarino
• 1 limone non trattato
• noce moscata
• qualche foglia di salvia
• farina
• 60 g di burro e sale
• pepe
Preparazione
1Private la zucca della buc- cia, tagliatela a fettine sottili e sistematela delicatamente su una placca foderata con carta da forno. Distribuite sopra il rosmarino, coprite con alluminio e cuocete in forno già caldo a 180 °C per 30 minuti. Pestate gli amaretti, tritate finemente la mostarda e grattugiate a scorza del limone non trattato. i Passate la zucca al setaccio «_e fate asciugare la purea ottenuta in un padellino antiaderente senza alcun condimento. Lasciate raffreddare, unite la mostarda, gli amaretti, la scorza, il parmigiano, noce moscata, sale, pepe e mescolate bene. Lasciate riposare per 2-3 ore al fresco. Q Ritagliate le sfoglie in cerchi O d a 8 cm, poi distribuite al centro il ripieno, quindi ripiegate ogni cerchio a metà in modo da formare tante mezzelune, poi congiungete le estremità in modo da formare i tortelli, che sistemerete su un piano infarinato. Cuocete i torteli in una casse- .’ruola con acqua bollente salata, scolateli con un mestolo forato, conditeli con il burro sciolto in un pentolino con la salvia e serviteli subito ben caldi.
GAMSER1 ROSSI MARINATI
Ingredienti per 4 persone
• 700 g di gamberi rossi di Sicilia freschissimi
• 1 spicchio d’aglio “
1 ciuffo di prezzemolo 1 arancia non trattata
• olio di oliva extravergine
• sale
• pepe bianco
Preparazione ‘
Grattugiate la I scorza dell’arancia, poi spremetela per ricavarne il succo. Sbucciate l’aglio tritatelo finemente con le foglie di prezzemolo. ry Private i gambe- L-v del guscio, lasciando la coda e la testa, quindi incideteli delicatamente sul dorso per eliminare il filino nero e sistemateli in un largo piatto. Distribuite sopra la scorza e il succo d’arancia e lasciate riposare per 15 minuti. Condite i gamberi con un filo d’olio, il trito di prezzemolo, un pizzico di saie, un po’ di pepe e servite.