IT: un commento sulla storica miniserie tv tratta dal celeberrimo romanzo di Stephen King

IT: un commento sulla storica miniserie tv tratta dal celeberrimo romanzo di Stephen King

Nato dalla penna di Stephen King, il terrificante clown Pennywise instaura a Derry il suo regno di malvagità, terrore e morte. La recensione di IT, la mini-serie del 1990.

Era il 1986 quando le librerie di tutto il mondo riempirono i loro scaffali con la ventiduesima fatica di Stephen King: IT, un romanzo di oltre mille pagine la cui forza ha contribuito a tenere svegli la notte i lettori che se lo sono trovati tra le mani. Quattro anni dopo, nel 1990, una produzione congiunta di Stati Uniti e Canada tentò un esperimento molto coraggioso: trasportare all’interno di una mini-serie per la televisione il capolavoro di Stephen King.

Tre mesi di riprese, il passaggio di testimone da George A. Romero a Tommy Lee Wallace e tagli decisi alla sceneggiatura (si passò da otto ore di durata, a sei per finire poi con due episodi che dureranno, nel complesso, poco più di tre ore): il 18 e il 20 novembre del 1990 la ABC trasmise le due puntate facendo incetta di telespettatori mentre in Italia aspettammo il 21 e il 22 febbraio del 1993 per vederlo su Canale 5 (seppure in videocassetta arrivò decisamente prima).

Può una storia cruda, sincera, spietata e avventurosa come quella di IT trovare dignità in un prodotto destinato alla televisione? O le esigenze del grande pubblico televisivo sono troppo limitanti per uno dei più straordinari romanzi di tutti i tempi?

Per giudicare la mini-serie è necessario allontanare la grandezza del romanzo e sforzarsi di valutare solo ciò che si vede. IT è un testo semplicemente grandioso e nessuna trasposizione televisiva o cinematografica potrebbe reggere un confronto diretto, punto per punto, con la storia di King.

La magia del passato

IT è costruito su un complesso e forte intreccio tra il passato e il presente. Così forte da spingere Wallace a ritardare la fine delle riprese pur di far incontrare gli attori bambini e i loro corrispettivi adulti (anche se non erano previste scene da girare con tutti presenti). Perché?

Perché IT è una sorta di viaggio nel tempo. La storia del Club dei Perdenti, sette ragazzini che si trovano uniti a fronteggiare un mostruoso nemico assassino di bambini, un’entità talmente oscura da corrompere l’intera cittadina di Derry, anche all’insaputa degli stessi abitanti.

È nel passato, nel 1958, che Bill Denbrough (un eccezionale Jonathan Brandis, finito purtroppo suicida a soli 27 anni, 27 anni come la durata dei cicli di vita di IT), Richie Tozier (un Seth Green irriconoscibile), Beverly Marsh (Emily Perkins) e gli altri Perdenti si ritrovano uniti per combattere contro IT, il terribile pagliaccio Pennywise (un Tim Curry capace di terrorizzare l’intero set quando recitava le sue scene in costume da clown), anima nera di Derry e mostro inarrestabile.

È nel passato che la mini-serie riesce a dare il meglio di sé. Il bullismo costante di cui Bill e compagni sono vittime, la malvagità viscerale di Henry Bowers (Jarred Blancard), la forza di sette amici che si trovano costretti a fronteggiare una minaccia invisibile agli occhi degli adulti: tutti ingredienti che si amalgamano creando un racconto commovente, tutti elementi che raccontano una storia nella storia.

Gli attori sono bravissimi, la purezza e la determinazione di questo gruppo di ragazzini di fine anni cinquanta colpiscono con forza e, nonostante qualche compromesso televisivo, anche la corruzione che striscia per le strade di Derry e nei cuori dei suoi abitanti è resa in maniera molto efficace.

La normalità del presente

Il secondo episodio della mini-serie, per quanto mantenga saldi legami con il passato, è quasi del tutto occupato dalla linea temporale presente. I Perdenti sono cresciuti, quasi tutti affermati professionisti che hanno lasciato Derry dimenticando il terribile segreto che li aveva uniti da ragazzini.

Qui la narrazione si indebolisce. Ma non c’è un motivo preciso se non il fatto che il mondo degli adulti, il loro affrontare di nuovo IT da grandi, crea meno empatia. Le versioni adulte di Bill (Richard Thomas), Ben (il compianto John Ritter), Eddie (Dennis Christopher) e soci creano una leggere discrasia con la figura del clown e l’accostamento perde efficacia.

Ma scendiamo a un compromesso con la nostra sospensione di incredulità e la magia del passato, la bellezza del primo episodio ripresa con flashback costanti, riesce comunque a farci vedere i Perdenti come i ragazzini cresciuti che devono e vogliono essere.

IT viene girato nel 1990, tre anni prima della grandiosa rivoluzione digitale di Jurassic Park e, nonostante i 12 milioni di dollari di budget, i limiti tecnici dell’epoca riescono a proiettare qualche ombra su un prodotto che ha tante luci.

Il finale non si dimostra all’altezza di tutto quello visto fino a quel momento. L’inquietante e sinistra aura di Tim Curry deve cedere il passo ai meccanicismi visivi di un ragno gigante che trasforma lo squisito conflitto emotivo portato avanti fino a quel momento in una caccia al mostro. Al netto di aderenze più o meno obbligatorie al testo originale, lo scontro finale è la cosa che meno convince dell’intera serie. Cosa sarebbe successo se fosse stata rispettata la sceneggiatura originale di quattro episodi da due ore ciascuno? Difficile dirlo, ma la curiosità resta.

Nel complesso IT è un buon prodotto dotato di grande dignità e autonomo, soprattutto considerati i limiti televisivi ai quali era soggetto. Certo è difficile, per chi ha letto il romanzo, accettare le limitazioni obbligatorie che Wallace ha dovuto imporre ma l’attenzione del regista verso tanti piccoli dettagli rende la mini-serie di IT un’interpretazione più che convincente del romanzo di Stephen King.

Il 19 ottobre 2017 uscirà nelle sale italiane l’IT di Andy Muschietti: siete pronti a galleggiare?

Se invece volete fare un tutto nel passato, la mini-serie con Tim Curry sarà disponibile anche in Blu-ray dal 12 ottobre 2017.
Maico Morellini, MondoFox
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