Al ComiCon di San Diego l’anteprima della serie fantasy interpretata da Henri Cavill, tratta dalla saga di Andrzej Sapkowski. Su Netflix a fine anno
Borch Tre Taccole: “Sai sicuramente il fatto tuo, sei uno strigo. Ma penso che ogni mito, ogni leggenda debba avere delle radici. E in queste radici c’è qualcosa”; Geralt di Rivia: “Certo. Il più delle volte una fantasticheria, un desiderio, una nostalgia. La fede che non ci siano limiti al possibile. A volte il caso”. Le pagine dello scrittore polacco Andrzej Sapkowski, autore della saga fantasy The Witcher (Casa Editrice Nord), arrivano al ComiCon di San Diego, il bazar di fumetti e videogiochi che da cinquant’anni detta le regole della pop culture, con le sue interminabili code per i panel nella Hall H e una generazione di cosplayer pronta a ribaltare la fiera. Netflix ha scelto la convention di San Diego per presentare le prime immagini della serie in arrivo a fine anno, insieme al protagonista Henry Cavill: “Mi sento a casa qui. Sono passato per il ComiCon in diverse salse, prima sotto la tuta di Clark Kent e Superman (L’uomo d’acciaio, Batman vs. Superman, Justice League), oggi con l’armatura di Geralt di Rivia, detto anche Lupo Bianco, strigo e cacciatore di mostri” se la ride Cavill, 36 anni, un metro e ottantacinque di altezza. “Posso sopraffare un basilisco, sopravvivere al canto di una sirena, sgominare orde di goblin e vedermela con la regina delle driadi. Non male, vero?”. Non è un mercenario, Geralt di Rivia. Ha un suo codice da rispettare, e una misteriosa maga, Yennefer, da amare o perdere per sempre.Secondo la produttrice e showrunner Lauren S. Hissrich, “non si tratta di epica moderna. Questa è, prima di tutto, la storia di un amore e di una famiglia”. Netflix ci ha messo del suo: “Onoriamo i romanzi di Andrzej Sapkowski che, all’inizio degli anni 90, con la pubblicazione dei racconti di Wiedzmin e la serie di Geralt di Rivia, ha conquistato il mondo, ed esploriamo personaggi e dimensioni parallele”. Lo hanno già ribattezzato “erede del Trono di Spade”, sesso e polemiche comprese. Nel trailer vediamo Geralt (Cavill) e Yennefer (Anya Chalotra) coinvolti in un sex party mascherato, poi circolano voci su una fatidica vasca da bagno dove Cavill potrebbe apparire interamente nudo e, in appena 24 ore, il poster ufficiale della serie è diventato oggetto di feticismo in rete. Merito del didietro del protagonista. Le controversie non mancano, però: quando per la parte di Ciri, figlia della principessa di Cintra e dell’imperatore nilfgaardiano, ai casting si è cominciato a cercare un’attrice di colore, i fan sono esplosi: “Tradimento. Ciri è bianca”. Spiega Hissrich, costretta dagli hater a ‘dimettersi’ da Twitter per un periodo: “Con un franchise che vanta milioni di appassionati è inevitabile deludere qualcuno. Poi abbiamo puntato sull’inglese Freya Allan. Bianca ma troppo vecchia per il ruolo? Io dico che di antico ha solo lo spirito”. Guerra, incantesimi e manovre politiche: nei lavori di Sapkowski, i witchers sono individui più resistenti di qualsiasi essere umano, si guadagnano da vivere combattendo demoni, orchi e elfi. “Geralt è stato strappato alla sua famiglia quando era soltanto un bambino, lo hanno sottoposto a un duro addestramento, durante il quale gli sono state somministrate pozioni che ne hanno mutato la natura” racconta Cavill. “Non esiste guerriero capace di batterlo. Come Geralt, però, anch’io ho imparato a non fidarmi degli uomini: spesso ci riveliamo peggiori dei mostri. E ho una mia scala di valori, un codice da cavaliere che seguo per filo e per segno da quando sono nato. Insomma, The Witcher è molto personale per me”. I volumi sono stati trasposti in un film (Wiedzmin, 2001, diretto da Marek Brodzki e con Michal Zebrowski) e una serie di graphic novel da collezione. Racconti e romanzi sono di culto in Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Ucraina, Romania, Russia, Serbia, Bulgaria e altri Paesi dell’Europa centrale e dell’Est. Dai libri di Sapkowski è tratto anche il fortunato videogioco dello studio di sviluppatori CD Projekt Red (più di 30 milioni di copie vendute). “Sono un grande gamer. Quando non recito, gioco tutto il tempo al computer” dice Cavill. “Da attore, mi considero un purista. Se fosse per me, non toccherei nulla di quello che è già nelle pagine di un testo originale; voglio rendere giustizia alla storia in sé e far capire allo spettatore che, specialmente in tempi come questi, uno strigo che combatte il razzismo, le ingiustizie sociali e la cattiva politica, è proprio quello che ci serve. Di Geralt mi affascina il suo dimostrarsi sempre un eroe vero, vicino alla mia realtà. Mi riconosco in lui”. Non è l’unico: Hollywood continuerà a specchiarsi nella realtà dei videogame per gli anni a venire. Da console e pc, Netflix sta per adattare Cuphead, ispirato al disegno a mano di Betty Boop, agli anni Trenta e alle influenze jazz, mentre presto vedremo le versioni tv di Halo (Showtime), Final Fantasy (Sony) e il gioco (non più) da tavolo Warhammer 40,000, per mano di Frank Spotnitz, creatore della serie Amazon The Man in the High Castle, tratta dal romanzo di Philip K. Dick (La svastica sul sole).
Filippo Brunamonti, repubblica.it