I primi programmi in onda senza pubblico, i racconti di Propaganda Live e le strisce di Zerocalcare, le inchieste di Piazzapulita, la convivenza di Gruber, Giletti, Floris e Mentana nella stessa rete. Il direttore di La7 fa un bilancio dei mesi di lockdown che hanno rafforzato la linea della rete: “Sono arrivato per dare un’identità e oggi, quando accendi La7, la riconosci subito”.
Colonna portante dell’emergenza, anche la televisione sta vivendo la sua fase 3. Una ripartenza lenta che non può essere totale, dati i limiti di sicurezza imposti dal coronavirus. La Tv cambierà, ci siamo detti nel corso dei due mesi più assurdi della storia recente. Ma come? Ci dice la sua Andrea Salerno, direttore di La7, tra le emittenti che meglio ha assorbito il lockdown.
Direttore, di fatto la sua è l’unica rete a non aver subito alcun cambio di programmazione per il coronavirus.
La nostra fase 1 è stata una grande prova di riorganizzazione di tutta la rete, eravamo davanti a qualcosa di sconosciuto. Inizialmente ci siamo mossi seguendo criteri che non esistevano, abbiamo preferito subito togliere il pubblico dai programmi, sia per il nostro cuore pulsante, gli studi da cui trasmettiamo TgLa7, L’Aria che Tira, Tagadà, Atlantide, ma anche per le produzioni esterne come diMartedì, Piazzapulita, Non è l’Arena. Dopo poco ci hanno seguito tutti a ruota.
Siete stati i primi a decidere restrizioni totali per tutti i programmi.
Agire con tempestività mettendo in sicurezza i lavoratori ci ha permesso, pur con pochissime risorse e senza pubblico, di continuare ad andare in onda con tutti i programmi.
Una rete a vocazione informativa aveva più ragioni di altre per non fermarsi davanti al virus?
Le altre reti purtroppo hanno avuto degli incidenti, alcune hanno eliminato la programmazione e si sono riaccese solo adesso, noi abbiamo deciso di andare avanti, rischiando sì ma in sicurezza. Eravamo convinti che fare informazione e raccontare quella fase era un compito a cui non potessimo abdicare. Lo abbiamo fatto, penso più di tutti e gli ascolti ci hanno premiato. Ma non erano l’obiettivo primario: volevamo esserci.
E adesso cosa accade?
Adesso viviamo il periodo di tensioni economiche che vivono tutte le aziende, non solo quelle editoriali. Ma si va avanti.
La crisi come possibilità, il periodo di emergenza ha portato anche novità interessanti?
È stato esaltante provare a trovare soluzioni per andare in onda ovviando ai cambiamenti, vedi il pubblico finto di Propaganda con i cartonati o l’utilizzo massivo di Skype per i collegamenti. Dalla crisi abbiamo scoperto dei modelli produttivi che non avevamo utilizzato prima.
Modelli alternativi che possono diventare una costante, oppure un ritorno al passato è inevitabile?
Non sappiamo se le condizioni sanitarie permetteranno di tornare alla normalità precedente, ma non escludo che alcuni programmi possano scegliere di continuare ad andare in onda senza pubblico per sempre. Il futuro è tutto da giocare e al momento navighiamo a vista.
Quali sono stati per lei i momenti più significativi di questa crisi per La7?
La rete si è spesa tutta per un racconto della crisi e ogni programma ha contribuito, da Floris a Giletti, passando per Gruver, Mentana, Merlino, Panella e quindi tutti i contenitori quotidiani. Credo inoltre che La7 abbia prodotto momenti di eccellenza come l’inchiesta di Piazzapulita di Alessio Lasta (l’inchiesta che ha raccontato il dramma delle terapie intensive in Lombardia, ndr) capace di raccontare al paese ciò che stava realmente succedendo.
Dopo il parziale stop di due mesi si parla per molte reti televisive di un prolungamento della stagione tradizionale nel periodo estivo. Ci state pensando anche voi?
Noi contiamo di restare accesi con la programmazione standard fino a giugno, quando avremo anche delle novità come Chernobyl. Per settimane abbiamo ragionato chiedendoci se saremmo stati in grado di andare in onda il giorno dopo e anche adesso pensare sul lungo periodo è difficile: immaginare nuove produzioni e cosa ci sarà in autunno, quando non sappiamo come potremo muoverci, è molto difficile.
La7 continua ad avere tante anime, penso al confronto tra il rigore di Formigli e lo stile più aggressivo di Giletti. Era la rete che immaginava quando ne è diventato direttore?
Al di là dei gusti personali trovo che tutto sia scorrevole. Ogni volta che accendi La7 la riconosci. L’obiettivo che avevo quando ho accettato di dirigere questo canale era dare un’identità definita. Sono contento del risultato, difficilmente oggi c’è una rete così ricercata e chiara nella sua linea editoriale. Credo sia la ragione per cui il pubblico ci premia.
Tutte queste voci, però, non rischiano di rappresentare stili incompatibili tra loro?
Quando declini un genere con volti e meccanismi diversi, la pluralità non guasta, perché altrimenti si rischia di avere un canale monofonico. La7 attualmente è un canale polifonico e ogni pezzo nuovo che inseriamo è funzionale a questo racconto.
Propaganda Live è un programma in stato di grazia e questi ultimi mesi ne sono un’ulteriore testimonianza.
Sul fatto che Propaganda fosse in grado di raccontare le crisi avevo pochi dubbi. In situazioni drammatiche quel gruppo è sempre capace di agire come non ti aspetti. Sarei arrogante a dire di essere sicuro che Propaganda potesse decollare in questo modo, ma l’ha fatto e forse è anche perché non si è mai fermato. Probabilmente il pubblico ha premiato questa resistenza. Ricordo puntate in cui era molto difficile cercare di far ridere quando uscivi da bollettini di mille morti, ma in questo sono bravi.
Il programma è stato anche la casa di Zerocalcare, che con “Rebibbia Quarantine” ha lasciato un segno indelebile sul mantra del “resto a casa”. Si può immaginare come presenza fissa a Propaganda o addirittura con un programma tutto suo?
Zero io lo vorrei sempre, ci siamo trovati e penso di trasferire un sentimento di tutto il gruppo quando dico che più rimane a Propaganda meglio è. Ha fatto dei commenti molto seri, al di là dei cartoon lucidissimi e lo vorrei in ogni puntata, però lui è fatto in un certo modo e bisogna anche rispettare il suo essere non televisivo.
Grande mistero della sua La7 è quello di un Corrado Guzzanti. Dopo l’annuncio di un programma tutto suo 3 anni fa, poi sparito dai radar, è saltuariamente presente a Propaganda. C’è una speranza di rivederlo definitivamente?
Non mettiamo limiti alla provvidenza, io benedico ogni volta che riesco ad avere un suo pezzo. A Corrado mi lega un rapporto di amicizia di lunga data e so come è fatto. Spero ci sia anche venerdì prossimo e lui può fare quello che vuole, dentro e fuori da Propaganda. Dipende solo da lui, ha tanti progetti e tante voglie, nel suo essere geniale tende alla perfezione e la perfezione è difficile da raggiungere.
Insomma, deduco sia stata una enorme fatica riuscire a portarlo in Tv anche solo in questa forma centellinata.
Corrado ha sempre il problema inverso: mentre ci sono tante persone che cercano disperatamente di andare in televisione, lui cerca disperatamente di evitarlo. Però il lavoro di convincimento per farlo ritornare è una specie di dovere morale, perché il suo è un talento straordinario.
Quindi La7 continuerà ad essere un canale prettamente informativo?
Non possiamo competere su un terreno diverso da questo, al momento forse non sarebbe premiante. Facciamo al meglio quello che sappiamo fare ed è per questo che il pubblico ci riconosce.
Andrea Parrella, Fanpage.it