L’attrice ha declamato il testo scritto da Stefano Bartezzaghi che dimostra come la lingua italiana nasconda in sé il germe del maschilismo
Una cerimonia dei David all’insegna delle donne. Al Viminale da Mattarella e sul red carpet, tutti con le spille di Dissenso Comune, disegnate da Alba Rohrwacher. Poi, l’apertura con lo stupendo monologo di Paola Cortellesi che ha recitato il monologo scritto, da un uomo, Stefano Bartezzaghi a dimostrazione che la lingua italiana, effettivamente, nasconde in sé il germe del maschilismo. “Ho qui un piccolo elenco di parole preziose. È impressionante vedere come nella nostra lingua, alcuni termini che hanno il loro legittimo significato, alcuni termini, declinati al femminile, assumono immediatamente un altro senso. Diventano un luogo comune un po’ equivoco, che poi, a guardar bene è sempre lo stesso. Un cortigiano: un uomo che vive a corte; una cortigiana: una mignotta (…). Un uomo di strada: un uomo del popolo. Una donna di strada: una mignotta”. Sono solo parole, ma la discriminazione nei confronti delle donne parte proprio da qui. “Io che sono donna le sento da tutta una vita e non me sono mai accorta. Sono soltanto parole, certo, però se fossero la traduzione dei pensieri allora sarebbe grave, sarebbe proprio un incubo“.
Un incubo che, quotidianamente, assume i contorni della realtà. “All’asilo, un bambino maschio potrebbe iniziare a maturare l’idea che le bambine siano meno importanti di lui. Da ragazzo crescere nell’equivoco che le ragazze siano in qualche modo siano di sua proprietà. E poi, da adulto, è solo un’ipotesi eh, potrebbe pensare sia giusto che le sue colleghe vengano pagate meno. E a quel punto non gli sembrerebbe grave neppure offenderle, deriderle, toccarle, palpeggiarle, come si fa con la frutta matura, o con le mucche da latte. Se fosse così potrebbe diventare anche pericoloso….la donna adulta, o anche giovanissima, potrebbe essere aggredita, picchiata, sfregiata, dall’uomo che la ama. Uno che la ama talmente tanto da pensare che lei, e la sua vita, siano roba sua. Roba sua e, quindi, può farne quello che vuole…”.
Ma, in fondo, sono solo parole.
La Repubblica