Intervistato da Mara Venier, l’imprenditore ha presentato in anteprima “Fratelli. Una famiglia italiana”, il libro in cui parla anche dell’omicidio del fratello, lo stilista Gianni, avvenuto davanti la sua villa a Miami Beach il 15 luglio 1997
Questo libro mi ha aiutato a liberarmi, a chiudere un’epoca, soprattutto la tragedia di Miami”. E’ l’imprenditore della moda Santo Versace che ripercorre i ricordi di una vita. Lo fa presentando nel salotto di ‘Domenica In’ il suo libro “Fratelli. Una famiglia italiana” edito da Rizzoli e dedicato alla sua famiglia e all’amatissimo fratello, lo stilista Gianni, ucciso sugli scalini della sua villa a Miami Beach il 15 luglio 1997.
Davanti a una commossa Mara Venier si lascia andare a confessioni intime sul rapporto che lo legava al fratello e sui lunghi anni impiegati per mettere un punto alla sofferenza per la sua tragica fine.
“Quell’evento ci ho messo tantissimi anni a superarlo. Questo libro mi libera completamente anche dalla tragedia di Miami. Per quattro anni, quando non lavoravo, andavo ogni fine settimana al Lago di Como e dormivo nel letto di Gianni, era come se cercassi di recuperarlo, di riprenderlo“, ha detto Santo Versace a Mara Venier.
“Per quattro anni, quando non lavoravo, andavo ogni fine settimana al Lago di Como e dormivo nel letto di Gianni; era come se cercassi di recuperarlo, di riprenderlo”
Santo Versace, imprenditore e stilista
“Avevo la gestione di tutto – ha ricordato – tutto quello che non appariva, lo gestivo io. Gianni gestiva dall’inizio della collezione alla sfilata e la comunicazione. Il resto era tutto compito mio”.
Il flusso dei ricordi continua: “Gianni non doveva andare a Miami – ha raccontato – Eravamo a Parigi, Elton John lo invitò in Costa Azzurra. Gianni aveva voglia di andare in America, non era previsto Miami, doveva tornare. Non era previsto Miami e non era prevista la sua fine. Lui mi diceva sempre: ‘Io sono più giovane di te, io sono immortale, quando non ci sarai più mi occuperò dei tuoi figli’. Quando arrivò la notizia la mia risposta fu secca: ‘Gianni non è morto, Gianni è immortale!’
“Una volta arrivati a Miami, sono voluto andare a vedere Gianni. Era notte, l’ospedale era chiuso ma abbiamo fatto il diavolo a quattro – ha raccontato ancora Santo Versace – Ci hanno aperto e abbiamo visto Gianni ed era finita, ho preso coscienza che non c’era più… Da allora ci ho messo tantissimi anni a superare quell’evento”.
Santo Versace nel libro scrive: “I rapporti tra fratelli non seguono regole precise. Piuttosto, seguono le onde della vita. Ci si unisce e ci si disunisce, ci si allontana e ci si riavvicina. Si naviga a vista. Calma piatta o mareggiate. Qualcuno che casca fuoribordo e qualcuno che lo riacciuffa. Si arriva in porto navigando en souplesse o si è costretti a scappare, inseguiti dagli squali. Se devo dire qual è stato e qual è tuttora l’aspetto più straordinario della mia vita, più ancora dei risultati ottenuti, mi ha entusiasmato la navigazione. Ho seguito il vento, ho seguito il vento della nostra famiglia. Ho imparato a vivere dai miei genitori, ho incoraggiato i progetti di Gianni e poi di Donatella, ho protetto il nostro patrimonio”.