“Ghost Dog – Il codice del Samurai” di Jim Jarmusch torna nelle sale italiane dal 23 ottobre, in versione restaurata (curata dallo stesso regista) distribuito da CG Entertainment in collaborazione con Cinema Beltrade – Barz and Hippo.
Un samurai in incognito a Jersey City, con tanto di katana e con l’Agakure, il libro dei guerrieri giapponesi, come Bibbia, è il personaggio interpretato da Forest Whitaker nel cult movie dell’autore di “Daunbailò”, “Dead Man”, “Coffee & Cigarettes” e “Broken Flowers”.
La storia
Ghost Dog è un killer afroamericano che vive seguendo le regole di un antico codice samurai e lavora come sicario a servizio di Louie, un mafioso che anni prima lo salvò dall’aggressione di un gruppo di fanatici. Per una serie di disguidi, un incarico non arriva a termine e Ghost Dog diventa il bersaglio in una caccia all’uomo ordinata dal boss Vargo, con obiettivo finale forse lo stesso Louie. In ossequio al codice, per Ghost Dog salvare Louie diventa il primo dovere. Non a caso Ghost Dog spiega così i motivi della sua fedeltà a Louie: “Sono il suo servitore perché una volta, tanto tempo fa, mi ha salvato la vita, ero in debito con lui. Un samurai deve essere sempre fedele al suo signore qualsiasi cosa accada. Inoltre io e Louie discendiamo entrambi da tribù molto antiche anche se molto diverse, tribù in via di estinzione”.
La filosofia del killer
In questo film multi-genere, che va dal thriller al western fino alla commedia, sorprende il sostegno filosofico, la disciplina che nutre il protagonista in ogni sua azione. Ogni azione, come d’altronde anche la sua fine, è determinata da una fede, da un credo, che indica cosa fare e allo stesso tempo rassicura. Così questo killer, poco interessato ai soldi e che si allena ogni giorno con la sua katana sul terrazzo, vive delle massime di questo libro come questa: “Si può imparare qualcosa da un temporale: quando ci sorprende un acquazzone cerchiamo di non bagnarci affrettando il cammino, ma anche sforzandoci di passare sotto i cornicioni delle case ci bagniamo ugualmente. Agendo invece con risolutezza fin dal principio, eviteremo ogni perplessità ma non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose”.
I riferimenti
Jarmusch, padre indiscusso della rinascita del cinema indipendente americano, guarda al “Frank Costello faccia d’angelo” (“Le samurai”) di Jean-Pierre Melville del 1967, cita “Rashomon” e riesce a far incontrare e coesistere nel suo film più generi: il thriller, il noir, il western e la commedia. Con “Ghost Dog” Jarmusch regala al pubblico uno dei personaggi-iconici più amati del cinema contemporaneo: il solitario e fedele killer/samurai, interpretato da Forest Whitaker (seguiranno il Golden Globe e l’Oscar per “L’ultimo re di Scozia”). Presentato nel 1999 in concorso al 52esimo Festival di Cannes, è diventato negli anni un film di culto, grazie anche all’indimenticabile colonna sonora hip hop a firma di RZA, leader newyorkese del Wu-Tang Clan.