(di Tiziano Rapanà) Sessanta? Non è vero. Lo spirito è giovane e si resiste alla trappola del tempo. E non è l’età, la mera biologia, ma la fuga continua dagli spettri del banale. Ossia: il conformismo ti vuole e tu devi dire di sì. Ma Pino Strabioli sfugge piacevolmente e si fa testimone di un’arte che non tramonta e non sfarina. Ed è sempre l’alba, per chi non cede all’attualità. E l’ombra della protervia non coglie lo sguardo sereno di Strabioli. Che strano! È un attore, dovrebbe almeno un minimo protendere alla tendenza al vivere vanesio che finge – recita – con la maschera del finto umile. La maschera del “poco se mi considero e molto se mi confronto” o “ma io sono una piccola cosa”. Strabioli, no. Lui è felice di stare con i grandi, di raccontarli. La narrazione non scade nella narrativa ma è divulgazione ed è voglia indomita di far conoscere. Il 26 luglio saranno sessant’anni e quanto manca quel gioiello di Cominciamo bene prima. Non esiste fine per la creatività che vale, ma bisogna esercitarsi a ricordarla continuamente. Un compito gravoso, Pino si è dato: e i grandi ringrazieranno. C’è chi li protegge e li ossequia, senza la piaggeria tipica di chi non ci crede fino in fondo. Le stagioni passano, per fortuna. Il tempo dice chi è cinema, teatro, televisione. Strabioli parla con la voce del tempo: è vibrazione di chi non adula il triste pantheon del mercato. Malignamente, alcuni dicono: “È tutto uguale”. Non è vero. Vivere non è solo consegnarsi al previsto fatto di frasi già sentite e disperazioni ovvie (il lavoro, la casa, l’amore), esiste l’atto che rigenera un già fatto. La ricordanza non può accettare l’impianto museale, la teca che allontana il ghiribizzo di conoscenza. Strabioli lo sa ed è esattamente informale, amichevole, compagnone con chi lo segue in tv. E si comincia bene la giornata, con uno sguardo al passato nobile colorato dall’arte inestimabile.