La tv tradizionale ha vinto ancora sul video streaming, lo ha fatto durante il lockdown e quando questo stava finendo, a maggio, con 44,9 milioni di utenti e 371,6 minuti al giorno per persona che battono utenti e tempo speso sugli smartphone per vedere i video (33,1 milioni e 140,5 minuti rispettivamente). Inoltre, a fronte di un +60% nei fruitori di video on demand nel mese di marzo, a giugno e luglio, quindi a emergenza ridotta, le visualizzazioni online dei video dei broadcaster sono raddoppiate (+101% e +110%).
Gli operatori tradizionali, però, non possono dormire sugli allori. Intanto perché le dinamiche di fruizione della tv stanno comunque tornando quelle del pre-Covid mentre le piattaforme streaming hanno accelerato la loro crescita aumentando la pressione competitiva. Ci sono però strategie che si possono attuare per non sprecare quanto ottenuto fin qui.
L’analisi arriva da Sensemakers che ha elaborato dati Auditel, Audience Analytics di Comscore e i numeri di una ricerca ad hoc condotta da Beyond Research. L’obiettivo era individuare le direttrici di sviluppo che vale la pena tenere presenti. Un tema su cui Sensemakers oggi alle 11 terrà un webinar (www.sensemakers.it/news).
Da una parte, spiega la società di consulenza digitale, ci sono giganti come YouTube che stanno crescendo sullo schermo televisivo grazie alla maggiore diffusione delle smart tv o dei set top box connessi. Oltre 9 milioni di utenti in Italia guardano i video del portale di Google sui loro televisori e a marzo il tempo speso su YouTube in questa modalità è cresciuto del 40%.
Ci sono poi altri due giganti come Netflix e Amazon Prime Video che stanno spingendo da un’altra direzione ma sempre sulla tv tradizionale: sono nuove forme di televisione che si sovrappongono con quest’ultima per i momenti di fruizione e i dispositivi di consumo. Dalla loro hanno un’elevata qualità di brand e tecnologie di profilazione e raccomandazione su cui hanno fatto ingenti investimenti. Netflix, in particolare, è un benchmark: una quantità di contenuti scripted, soprattutto serie, declinati in sottogeneri targetizzati con cui colpire tutti i possibili spettatori. Il passaparola che si genera non è di poco conto (le serie sono un argomento ormai comune di conversazione), perché Netflix sta riuscendo a porsi sia come piattaforma aggregante che forma di gratificazione tutta per sé. Soprattutto, però, Netflix e Prime Video stanno spingendo su un tipo di contenuti finora ad appannaggio della tv tradizionale, free o pay, ovvero reality, sport e live.
Che cosa resta da fare agli altri? Sky ha intrapreso la sua strada: già oggi, spiega Sensemakers, «la pay tv si distingue per la qualità e trasversalità della sua offerta a una clientela prevalentemente matura e alto-spendente trasformandosi in un hub di semplificazione e ottimizzazione all’accesso a una pluralità di contenuti e servizi digitali premium». Le piattaforme digitali dei broadcaster televisivi, principalmente RaiPlay e Mediaset Play, ancora legate all’immagine e ai contenuti lineari tradizionali, possono trovare l’aumento dell’audience online attraverso la valorizzazione di contenuti originali digitali oltre che «delle narrazioni transmediali delle produzioni «hero» e della ricchezza della Library». In sostanza, qualcosa che a tratti i due player hanno cominciato a fare, ovvero avere contenuti ad hoc (ma quanto vuoto da colmare ancora) e proporre spin off o contenuti aggiuntivi di titoli dal grande seguito (Amici, X Factor, Il Collegio, Pechino Express, Temptation Island) ridando valore all’unscripted. Questo perché nei profili dei player ott il mondo dell’intrattenimento factual, reality, talent, dating appare ancora poco o nulla presidiato ma è solo una questione di tempo.
«Il periodo che stiamo vivendo se da un lato ha confermato il ruolo dominante della televisione lineare nel racconto dell’attualità, di eventi collettivi da vedere ‘insieme e in diretta’, dall’altro ha incredibilmente accelerato la crescita della fruizione digitale dei video», commenta Fabrizio Angelini ceo di Sensemakers. «Non si tratta più soltanto di visualizzazioni individuali e brevi, trainate da specifici interessi e con device personali ma di visioni sempre più spesso familiari, guidate dalla qualità dei contenuti, dalla ricchezza dell’offerta e dalla semplicità di utilizzo delle piattaforme. Il livello di competizione è sicuramente destinato ad aumentare ulteriormente con i diversi player che, oggi posizionati su specifici assi di differenziazione, integreranno la propria offerta sfruttando anche la crescita del numero di tv connesse ad Internet nei prossimi mesi».
Andrea Secchi, ItaliaOggi