C’erano una volta i cinema parrocchiali. Polverosi, vecchie pellicole graffiate, stinte e stantie. Giuseppe Tornatore le ricordava con affetto in «Nuovo Cinema Paradiso». Come lui più di una generazione cinefila pre televisiva e pre-pre digitale vi si era fatta le ossa, imparando ad amare il cinema: registi come Olmi, Avati, Verdone, Amelio.
Ma quella è foto d’epoca. Quei cinema parrocchiali non ci sono più. Non perché spariti ma perché hanno cambiato nome e aspetto: si chiamano «sale della comunità, sono moderni, digitalizzati; sono cresciuti di numero, aprendosi anche ad altre forma di intrattenimento, teatro, concerti, conferenze. Insomma godono di ottima salute, malgrado la crisi che ha falcidiato le sale. Lo dicono nella ricerca «I nuovi Cinema Paradiso» Alberto Bourlot e Mariagrazia Fanchi, dell’Università Cattolica di Milano, attingendo ai dati che escono da un’indagine che ha coinvolto oltre 270 sale sulle 804 che compongono la galassia delle ex sale parrocchiali, ovvero l’Associazione Cattolica Esercenti Cinema.
Ne esce l’immagine di un mondo vivace, legato al territorio di cui è spesso il solo punto di aggregazione: collocate soprattutto nel Nord Est (62%), molte sono attive nelle grandi città (23,50%) per lo più in periferia, ma la gran parte anima la vita di paesi al di sotto dei 10mila abitanti (44%). Se, come da tradizione, il pubblico di riferimento sono le famiglie, gli under 14 sono il pubblico più fedele («La generazione Z – spiegano gli autori della ricerca – va al cinema più di quelle precedenti e percepisce la sala come parte integrante del proprio mondo»), crescono anche gli over 65.
Anche la programmazione si è aggiornata: proiettori digitali e i titoli di prima visione. In queste settimane i “campioni” sono stati «I guardiani della Galassia vol. 2» e «La tenerezza». «Ci muoviamo su due fronti – spiega il presidente di Acec don Adriano Bianchi -: i titoli per le famiglie, di puro intrattenimento e quelli che alimentano il dibattito, il dialogo con la contemporaneità», Insomma cinema popolare e film d’autore in un giusto mix trasversale ed ecumenico, “laico”.
E laici i cinema ex parrocchiali sono anche nella gestione: meno del 17% è in mano a un sacerdote. Per lo più sono gruppi di parrocchiani che se ne occupano attivamente.
E poiché la sala è sentita come centrale alla comunità, è diventata polivalente: molte programmano anche teatro (83%), conferenze (87%), concerti (73%), o fanno proiezioni di altro tipo (67%), come documentari, concerti, mostre.
In questo quadro generale, si distingue il Piemonte: 71 le sale censite. Spiega Bourlot, che è originario di Pinerolo: più bambini (55% rispetto alla media Italia del 54), maggiore la presenza dei 19-35enni (45% rispetto al 36,11 Italia). Più intenso anche il rapporto tra le sale di comunità e altre realtà – scuole, pro loco, Comuni – per iniziative comuni (41% Piemonte, 24% Italia). E come esempi cita a Torino i cineteatri Agnelli di via Sarpi e Baretti a San Salvario (recente la battaglia contro lo stesso parroco che voleva aumentare l’affitto); o per i piccoli centri i Lux di Centallo e Busca (CN). Qui davvero le sale sono non “di” comunità, ma “la” comunità.
di Adriana Marmiroli, la Stampa