(di Tiziano Rapanà) Il film che parla di noi, il libro, la canzone. Tutto è necessario ed è un salvifico sguardo al presente. Ne sono convinti, non hanno dubbi. Questo film parla a noi tutti, ma questi qui non li conosco. Li vorrei vedere bene. Dove sono? Eccomi tra la folla, voglio capire se sono loro. Ma io non li vedo, mi sembrano delle individualità e invece si cerca il principio di una comunità. Non ho capito bene, a chi si rivolge il film? A tutti ed è una lezione importante da seguire. Eccoli i professori, ma voglio mettermi in cattedra io per poterli bocciare tutti (compresi voi che mi leggete). Questo è il cinema e la letteratura oggi: per tutti. Nessuno escluso. Si è aperti agli altri con sfacciata generosità. Ed è il caso di ringraziarli questi autori? Tappeto rosso di lodi sperticate per loro e mazzi di fiori senza spine. Il film, mi hanno detto, parla a tutti noi. Ci interroga, ci spinge alla riflessione e guai a dire che il pensiero è sopravvalutato (soprattutto se è il remix di pensati già consolidati). Film sul presente che dovrebbero stimolarci a cambiare le cose: in soldoni, è il senso dell’entusiasmo. Ma io voglio vedere un film e leggere un libro per non pensare, o è catarsi o non vale. E la catarsi avviene nel cinema come fotogramma, nell’incontro con il montaggio, la sceneggiatura non conta. Idem con la letteratura, non si può ridurre tutto a narrativa. L’opera deve parlare un proprio linguaggio intraducibile che non abbia parentele né con il pubblico né tantomeno con l’autore. L’arte è un atto di autonomia totale.