L’album, composto da 12 tracce, uscirà venerdì 24 febbraio. Il 22, sempre di febbraio, partirà da Bassano del Grappa il bonsoir! – Michielin10 a teatro. Della sua esperienza come conduttrice di X Factor ha detto: “E’ stata una grande esperienza” L’INTERVISTA
Non spegne la voglia ballare e accende quella di cantare. I Cani Sciolti di Francesca Michielin sono molto di più di un album. E uso il plurale perché ogni brano potrebbe essere un romanzo breve e l’intero dico una raccolta. Parla di amore, populismo, ambiente, parla ai giovani, ai suoi coetanei (Francesca compirà 28 anni sabato prossimo) e a quel mondo degli adulti che, terminato, l’ascolto non potrà barricarsi dietro ai non sapevo e ai non pensavo. Parla con quella leggerezza profonda che solo chi è maturo e consapevole riesce a trasmettere. Introducendomi a Cani Sciolti, che sarà accompagnato dal bonsoir! – Michielin10 a teatro (debutto il 22 febbraio nella sua Bassano del Grappa), Francesca ricorda che “credo sia il mio quinto album, sai non li ho mai contati. Ho iniziato a fare questo lavoro a 16 anni e ora ne ho quasi 28. I Cani Sciolti sono quelli che non stanno dentro uno schema predefinito e qui mi sono presa il lusso di essere me stessa e scrivere testi un po’ più coraggiosi. Sciolti vieni dal latino solutum, ho fatto il classico, e dunque parla di un assoluto che non ha riferimenti. Come i cani sciolti appunto”.
Francesca entriamo un po’ più in dettaglio sulle tematiche affrontate?
C’è il costante rapporto con la Natura, c’è il racconta della provincia, con i suoi pro e i suoi contro e il disagio sociale che lascia (i brani sono Ghetto Perfetto e Padova può ucciderti più di Milano, ndr), c’è l’amore in tutte le sue forme, c’è un brano d’amore da una donna per un’altra donna, si intitola Claudia, che spero diventi un manifesto per chi spesso ha dovuto volgere al femminile canzoni maschili. In Quello che ancora non c’è ci sono tutte le mie fragilità, il brano è nato sei anni fa. Il mondo ci vuole performanti e tu nel mondo devi portare te stesso attraverso forza, fragilità e sensualità. In Cani Sciolti c’è un lungo progetto di scrittura. Spesso mi sono sentita incompleta e cito Italo Calvino che diceva che quando sei così sei semplicemente giovane. Anche in Carmen, nata da un dialogo con la Consoli, parlo di fragilità. È la prima volta che scrivo tutto un disco. Ho curato tutto. Nel lavoro di squadra trovi tutta me stessa.
Il 24 esce l’album, il giorno, il 25 parte il tour da Bassano del Grappa.
Ci sarà pochissima elettronica, sarà un tour materico pensato per il teatro: mai fatto un tour lì. Mi faccio questo regalo per i miei 28 anni che compirò proprio il 25. Nella scenografia racconterà di questi dieci anni.
In Padova uccide più di Milano tocchi il tema del razzismo.
Ho usato Padova perché ci sono cresciuta in Veneto e non esiste una città grande come Milano. Padova è una città pazzesca ma è come se le differenze non venissero ascoltate. Molti vanno via perché non trovano il loro spazio. È un brano scritto da credente, è per chi predica bene e razzola male.
Carmen nasce da un incontro con la Consoli.
È figlia di un dialogo prima e dopo un suo concerto per altro a Padova. Lei rappresenta il cantautorato dissidente, è una che porta sempre in giro la sua cifra stilistica, non occhieggia alle mode. Abbiamo condiviso una lunga discussione da cui è nato il brano che lei ha ascoltato; avrei voluto che lo suonasse pure ma non ci sono stati i tempi. In questo disco Carmen è il mio spirito guida.
So che il look segue la filosofia di Cani Sciolti e non manca il sostegno ecologista.
La mia stylist è la stessa di Carmen Consoli. Quando ci siamo parlate le he ho detto che si sarebbe divertita a seguirmi in questa avventura. Siamo attenti a quello che è sostenibile, infatti, anche in tour sarò vestita soprattutto di verde. Ho coinvolto ragazze polistrumentiste con tanto talento per quanto alla prima esperienza. So che è una scommessa ma sono felice di quello che sta venendo fuori.
Claudia è una canzone per l’amore declinato al femminile.
È una dichiarazione a prescindere, non conta il linguaggio ma conta amarsi. Forse chi è venuto prima di me o non se la sentiva e non voleva affrontare il circo mediatico che poteva accendersi. Se per qualcuna diventerà dedica non potrò che esserne felice.
Un tuo verso è molto duro: dove sono gli artisti vedo solo populisti.
Nasce da un sogno nel quale a un’altra persona ho detto voglio fare pop e non populismo: non capisco il messaggio che mi ha inviato il mio inconscio. Chi fa musica pop deve ricordare che lo facciamo per comunicare e non per parlare di noi stessi. Anche se siamo solo interpreti quella dovrebbe essere la finalità. Come artisti non dobbiamo solo compiacere ma anche stare sul ca**o, scusate il francesismo. Voglio creare momento di riflessione e ciò non esclude che continuerò a fare pezzi per ballare e baciarsi in discoteca.
Marco Mengoni ha dedicato alle donne la sua vittoria al Festival di Sanremo.
Poteva auto-celebrarsi e invece ha scelto di parlare di un problema cronico della discografia: fino a qualche anno fa sarebbe passato inosservato mentre oggi lo notiamo.
Secondo te c’è un errore?
E’ di rifiutare la loro personalità. Quando parlo di resistenza non lo intendo in senso partigiano, non mi permetterei mai, bensì intendo un approccio alla vita. Per altro a Sanremo da quest’anno i fiori vengono dati a uomini e donne e ne sono molto contenta. Ma se vogliamo approfondire ti dico che, sempre quest’anno c’era solo una donna direttore d’orchestra, Carolina Bubbico, eppure ce ne sono in Italia di donne direttore d’orchestra. Forse c’è un po’ di misoginia nel pubblico e mi riferisco anche alle donne. Non c’è una verità unica, ci sono dei dati sui quali bisogna riflettere.
Cosa ti resta dell’esperienza a X Factor?
Mi ha dato più sicurezza ma anche più voglia di divertirmi. Ci sono arrivata con alle spalle l’eredità di Alessandro Cattelan e mai c’era stata una conduttrice. Mi sentivo giovane in quel ruolo e allora mi sono detta che volevo divertirmi e che la personalità fa la differenza. E’ stata una grande scuola.
Chiudiamo con la cover dell’album, con quella lacrima colorata che ti riga il viso.
Le lacrime sono fuoco, sono dolore che diventa energia. Si pone sulla scia di Vulcano. Il disco è la sorella maggiore di 2640: resta il disagio ma c’è maggiore consapevolezza ed è incazzato. Chiedo meno scusa e ricorro a un lessico più forte.orte.