Alessandro Borghi parla della nuova stagione di Suburra: “Per me, è come Rocky per Stallone”

Alessandro Borghi parla della nuova stagione di Suburra: “Per me, è come Rocky per Stallone”

«Suburra? Per me è come Rocky per Stallone. Aureliano scandisce i miei anni, ogni volta pesco dal mio bagaglio personale. Però sono andato a ritroso: nel film di Stefano Sollima Aureliano era già il Numero 8, qui raccontiamo come ci è arrivato». È la terza volta per Alessandro Borghi. Nella seconda stagione di Suburra la serie (prodotta da Cattleya e Bartlebyfilm con Rai Ficion, da domani su Netflix) troviamo il giovane boss di Ostia al comando della famiglia Adami, in conflitto con la sorella Livia e con il resto del mondo. Sono passati tre mesi dalla fine dell’ultima puntata, queste nuove otto (dirette da Andrea Molaioli e Piero Messina con Giacomo Ferrara, Eduardo Valdarnini, Francesco Acquaroli, Filippo Nigro e Claudia Gerini ) si concentrano sui quindici giorni tra il primo turno delle elezioni per il sindaco di Roma e il ballottaggio.

Com’è Aureliano?
«È cresciuto, è consapevole della sua forza, il suo posto nel sistema lo costruisce andando solo contro tutti e tutto. Di mio c’è il lato emotivo nei suoi legami: con Spadino e Lele, con la sorella Livia e Nadia, un nuovo personaggio. Sono uno che soffre tanto e ci sguazza. Mi serve per indagare il lato oscuro dell’animo umano. Uso questo lavoro come psicoanalisi, per fare l’attore devi essere diposto a guardarti dentro: non aver paura di piangere, stare male, ridere. E, poi, il Numero 8 è ispirato a una persona reale».

Chi?
«Un mio cugino, una figure fondamentale della mia vita, un essere umano speciale. Capace di amare in maniera dolce e smisurata e perdere il controllo e fare sciocchezze senza senso. Gli errori fatti gli sono serviti per crescere. Ne ho conosciute tante di persone che hanno toccato il fondo e si sono ritrovate. Ascoltarli è un regalo, un mondo di esperienze che io non ho provato. Sono quadrato, razionale, uno che sbaglia poco».

Soldi, potere, sentimenti. Tutto in «Suburra» gira intorno a questa triade. Quanto contano per lei?
«I soldi li uso solo per portare in vacanza le persone a cui voglio bene, il potere non mi interessa neanche inteso come ricerca della fama: il regalo è stare sul set. I sentimenti sono la base della vita. Voglio dimostrare al massimo la mia emotività, abbraccio in continuazione, fin da piccolo. Mia madre mi ricorda sempre che in campeggio da bambino ero l’unico che girava per le piazzole a dare bacetti a tutti».

Un anno speciale questo per lei, il ruolo di Stefano Cucchi per cui è stato candidato ai David, «Il primo re», «Suburra 2», la serie «Diavoli».
«È una felicità nel lavoro che dura da tre anni. E sono contento per le nove candidature di Sulla mia pelle. Suburra è stato l’inizio di tutto. Quel film è stato una grande opportunità della mia carriera, insieme a Non essere cattivo di Caligari. Sono successe tante cose, ne ho anche nostalgia. Anche se continuano a chiamarmi nuovo talento del cinema italiano… I nuovi talenti hanno vent’anni e sarebbe ora di scovarli».

Come si trova con Patrick Dempsey nella serie «Diavoli»?
«Un nuovo regalo. A Capodanno ho fatto un post augurando a tutti di essere l’incontro importante per qualcuno. Lui lo è stato per me, a conferma le persone più sono grandi più sono semplici. Prima di iniziare ero spaventatissimo. La lingua, il rapporto con un divo di Hollywood. Invece tutto è andato liscio. Anche se ho faticato. Sono un attore tutto cuore e poca tecnica, qui ho dovuto studiare i monologhi in inglese a parlare di Btp e alta finanza».

Ogni volta un’impresa. Non le viene voglia di alleggerire, magari una commedia?
«Nella vita rido già tanto. Se volete ridere venite con me in vacanza a Mikonos».

Stefania Ulivi, Corriere.it

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