Beata Lily Collins che ha capito che la perfezione è noiosa e ha smesso di inseguirla

Beata Lily Collins che ha capito che la perfezione è noiosa e ha smesso di inseguirla

Il cielo di Soho è grigio e piovoso la mattina in cui io e Lily Collins ci incontriamo per fare colazione insieme. Lei è arrivata da Los Angeles la sera prima: l’aereo ha fatto ritardo: ha assolutamente bisogno di caffeina per affrontare l’intervista e il servizio fotografico. Per fortuna Charlie (McDowell, suo marito) ci ha suggerito un bar non lontano dall’hotel: è lì che andiamo affrontando il freddo londinese. Nonostante la stanchezza, Lily è contenta di essere a casa. “Sono passati quasi due anni”, dice. “Di solito torno più spesso. E anche Charlie, prima ancora che ci conoscessimo (è figlio dell’attore britannico Malcolm McDowell, ndr). Venivamo entrambi durante le vacanze… Siamo felici di essere tornati”. Nonostante viva a Los Angeles ormai da tempo, Lily ha trascorso i primi anni della sua vita nelle campagne del Surrey (sua madre, Jill Tavelman, è americana; suo padre, il musicista Phil Collins, inglese) e lei ribadisce che è proprio nel suo Paese natale che si sente più a casa. “Quando interpreto un ruolo usando l’accento britannico lo sento naturale, anche se non è automatico”. Si prende in giro, pienamente consapevole di parlare in tutto e per tutto come un’americana, ma ogni volta che atterra in Inghilterra “provo un grande senso di familiarità”.

Con i suoi lineamenti delicati, l’espressione seria e le sopracciglia eleganti, ha più l’aria di un personaggio di un film d’epoca che di una ragazza delle spiagge del Pacifico. E poi, ormai è di casa anche a Parigi, dove ha girato Emily in Paris, serie su una ragazza americana che si trasferisce nella Ville Lumière (la seconda stagione arriva su Netflix il 22 dicembre). L’estate scorsa ha vissuto lì quattro mesi per le riprese, che sono cominciate durante il lockdown. “La città era deserta quando sono arrivata”, dice. “L’unico accento che si sentiva era quello francese, era bellissimo”. Se non altro, trovarsi sul set durante una pandemia le ha permesso di immergersi completamente nella vita parigina. “Sono riuscita a esplorarla meglio questa volta, soprattutto perché non prendevo molti mezzi pubblici per questioni di sicurezza, quindi camminavo di più. Mio marito Charlie è bravissimo con gli itinerari e abbiamo esplorato un sacco. La troupe poi è interamente francese e anche la maggior parte del cast. Con loro ho avuto la possibilità di conoscere un’altra Parigi”.

Ha preferito vivere in un appartamento piuttosto che in hotel e aveva “vicini dolcissimi”; ha fatto amicizia con altri padroni di cani (il suo cane, Redford, ha viaggiato con lei). “La cosa strana è che ci sono tantissimi cani, ma in molti parchi non sono ammessi. Uno dei pochi luoghi nelle vicinanze in cui potevamo lasciarlo senza guinzaglio era davanti al Louvre. Gli dicevamo: sei fortunato, stai facendo i bisogni in uno dei posti più chic del mondo”.

Lily non può svelare dettagli sulla seconda stagione, dice solo che ci saranno nuovi personaggi e che verrà approfondito il tema del “cameratismo femminile”. Come questo possa conciliarsi con il fatto che alla fine della scorsa stagione Emily sia andata a letto con Gabriel, il ragazzo della sua amica Camille, resta da vedere. 

Emily in Paris aveva totalizzato 58 milioni di spettatori nel primo mese dopo il debutto. Non erano mancate le critiche, soprattutto da parte dei francesi (quelle surprise!) che denunciavano una rappresentazione “irrealistica” della vita parigina. In realtà il punto è proprio questo: si ironizza molto più su Emily e sul modo in cui, da tipica influencer americana, idealizza l’esperienza in Francia.

In ogni caso, assicura Lily Collins, nella seconda stagione sono stati fatti dei cambiamenti. “Per me, anche in quanto produttrice della serie, è importante conoscere i pensieri della gente. Alcune delle questioni sollevate riflettono l’epoca in cui viviamo e io volevo davvero che ci concentrassimo sulla diversità e sull’inclusione sia davanti che dietro la macchina da presa. Ci sono nuovi attori e nuove storyline“.

“Bisogna dedicare molta attenzione alla salute mentale, fare meditazione e terapia. Anche tenere u diario aiuta”

Lily Collins dà l’impressione di essere una persona la cui mente lavora sempre al massimo. Basti pensare al modo in cui ha reagito al lockdown: “È stato un periodo prezioso da trascorrere con quello che ora è mio marito e con il nostro cane, ho dedicato tempo a me stessa. Sono una convinta sostenitrice dell’attenzione nei confronti della salute mentale, della terapia, della meditazione, dell’abitudine di tenere un diario e di qualsiasi cosa possa contribuire al processo di scoperta di sé, di miglioramento ed espansione della mente e del cuore. Quindi ho usato quel periodo per dedicarmi a riflessioni profonde, a volte anche scomode, perché siamo stati costretti a fermarci e a guardarci intorno. Ho lavorato su me stessa come persona, come parte di una coppia, come lavoratrice, come amica, come figlia, sotto tutti questi aspetti diversi, senza distrazioni”. Oltre a essere introspettiva, Lily Collins è anche incredibilmente comunicativa: la risposta completa all’ultima domanda durava cinque minuti. Una volta ingranato il ritmo è difficile fermarla: tutta la sua vita sembra alimentata da un’energia inesauribile.

Sono sempre stata una persona appassionata e motivata“, concorda, “a scuola, ma anche nelle amicizie. Faccio tutto quello che posso e anche di più per esserci“. Prima del suo debutto cinematografico (in The Blind Side, al fianco di Sandra Bullock, nel 2009), lavorava già da anni: faceva la modella, partecipava ad audizioni, scriveva, presentava programmi televisivi. “Ho sempre voluto avere una voce. Non nel senso di essere la voce di una generazione, volevo entrare in contatto con la gente. Presentavo talk show circondata da dirigenti che mi credevano pazza, perché sembravo una bambina“. Fa una breve pausa. “Beh, tecnicamente lo ero“. Ha conosciuto anche le difficoltà. Nel suo libro Senza filtri, non nasconde i problemi che ha dovuto affrontare a causa del perfezionismo che nel corso della sua vita l’ha sia motivata che demoralizzata, manifestandosi attraverso un disturbo alimentare durante l’adolescenza.

Le chiedo come si concilino nella sua testa queste due cose: la paura di non riuscire a soddisfare quello che considerava uno standard accettabile e il desiderio di lavorare in un settore dove raggiungere quello standard è impossibile. Non importa quanto una persona sia brava, ci sarà sempre qualcuno pronto a demolirla. Per un attimo sembra senza parole. Poi riflette: “Credo di dare il meglio nelle situazioni difficili, quando sono sotto pressione. Trovo dentro di me la forza, anche se sono nervosa, ansiosa, impaurita. Ma c’è stato qualcosa che mi ha spinto a puntare alla perfezione quando ero più giovane, e a cercare di farlo in un ambiente dove è semplicemente impossibile riuscirci. Probabilmente qualcosa in me voleva trionfare in una situazione estremamente complicata“. Come tutti i figli d’arte si è anche trovata a gestire contemporaneamente due diversi tipi di notorietà: la sua crescente popolarità e la fama globale di suo padre. Leggendo altre interviste appare chiaro che per quanto sia felice di parlare di Phil spontaneamente, non è così entusiasta di rispondere alle domande poste da altri. Le chiedo se abbia a che fare con il bisogno di controllo sulla propria storia e sul modo in cui viene raccontata… “Ho sempre voluto parlare con la mia voce”, dice “ed essere padrona della mia verità e della mia storia. Mi piace riflettere a lungo prima di esprimermi perché so che nella mia testa ci sono tanti pensieri, tante emozioni e sensazioni e non voglio, in mancanza di parole migliori, vomitarle fuori prima di comprenderle appieno. Quindi se qualcuno parla a nome mio, si possono perdere dei significati o stravolgerli“.

Inoltre, per un’attrice giovane ed emergente non deve essere stato facile vedere il proprio nome costantemente associato a quello di un musicista degli anni Ottanta, anche se si tratta del suo adorato papà. “Non potrei essere più fiera e devota, come figlia. È mio padre. Lo amo e lo ammiro, lo rispetto e mi è di grande ispirazione. Ma ho sempre voluto essere me stessa, avere un mio percorso, i miei successi e i miei fallimenti, come qualsiasi altra persona. E all’inizio, quando non ero ancora riuscita in nessuna di queste cose, mi aspettavo che alla gente interessasse solo la mia famiglia. Naturalmente, è così che funziona il mondo, ma per me era frustrante“. La storia sta cambiando. Non solo perché ora potrebbe essere Phil il padre della più famosa Lily, ma perché la sua vita non è più la stessa. E racconta come non sia più spinta dal desiderio di soddisfare obiettivi impossibili. “A quale prezzo? A un certo punto capisci che puoi essere perfettamente te stessa, che ogni versione della perfezione è diversa e che perfetto significa noioso. Credo che si debbano stabilire dei limiti: quanto si dà agli altri, quanto si tiene per sé, quanto tempo passiamo a preoccuparci di cose che sono del tutto fuori dal nostro controllo. Temiamo di non raggiungere la perfezione, ma poi arrivi alla conclusione che ciò che pensavi di desiderare non è quel che desideri davvero. Io non voglio essere perfetta“.

Forse la pandemia ha aiutato: “Voglio una famiglia e non voglio che la mia vita personale sia condizionata dal troppo lavoro. È stato tempo ben speso, perché mi ha permesso di concentrarmi davvero su tutti gli altri aspetti di me stessa che non fossero il personaggio pubblico“. Forse ha aiutato anche sposarsi. È evidente il modo in cui si illumina quando Charlie si avvicina al nostro tavolo. Gli sussurra “I love you” e parla con gioia del recente matrimonio: “Non ho mai organizzato feste di compleanno per paura che la gente non si divertisse, ma ho deciso di occuparmi personalmente del nostro matrimonio”. La cerimonia si è svolta sulle montagne del Colorado, e il vestito, firmato Ralph Lauren, era ispirato alla sua bacheca Pinterest “America western & Inghilterra vittoriana”.

Certo, non è tutto rose e fiori, ma ora si tratta di creare la vita che vuole davvero. Perciò, questo non è un lieto fine, ma un promettente nuovo capitolo; un capitolo scritto dalla protagonista. Forse non sa cosa succederà, ma va bene così. Per le questioni importanti, Lily Collins ha tutto sotto controllo.

Elle.com

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