A cinquantʼanni di distanza si rincorrono ancora miti e leggende sulla sua figura
Cinquant’anni dopo la sua morte il ricordo e la musica del leggendario chitarrista Jimi Hendrix sono ancora vivi. Così come i misteri e le leggende che aleggiano intorno alla sua figura e alla sua morte. Il chitarrista fu trovato senza vita in un hotel di Londra il 18 settembre 1970, asfissiato dal proprio vomito durante il sonno, ma l’autopsia non chiarì completamente le cause del decesso.
Una morte misteriosa – L’autopsia stabilì che Hendrix era stato soffocato dal proprio vomito durante il sonno, indotto da una dose eccessiva di barbiturici. Monika Danneman, la donna con cui passò la sua ultima notte, dichiarò che Hendrix aveva preso nove pasticche di Vesparax, una dose 18 volte superiore a quella consigliata.
La teoria del complotto – Il racconto lacunoso della Danneman, le sue incertezze nel chiamare l’ambulanza, i soccorsi tutt’altro che impeccabili, sommati ai documenti dell’FBI (che lo teneva d’occhio per il suo impegno con le Pantere Nere) e al verdetto aperto dell’autopsia hanno fatto sospettare i fan che si sia trattato di un complotto. Quello che è certo è che Jimi Hendrix fu costretto a una massacrante routine di concerti, in attesa di tornare a riprendere possesso della propria musica. Le vicende legali per la gestione del catalogo e dei diritti si sono infatti chiuse definitivamente solo nel 2009.
La sua carriera di star è durata solo quattro anni, ma nonostante abbia brillato per pochissimo è universalmente riconosciuto come tra i più grandi (se non il più grande) chitarristi rock. Nel 1966 viene mandato a Londra da Chas Chandler, suo produttore e mentore. In quegli anni la scena musicale è dominata da Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, Pete Townshend, oltre a band come i Beatles e i Rolling Stones.
Tutti rimangono folgorati dal suo modo di suonare la chitarra: Hendrix con il suo strumento traghetta il rock nel futuro. Trasforma in musica effetti sonori che prima erano considerati rumore e , attraverso l’uso dei pedali, amplifica le potenzialità espressive della chitarra.
I primi tre album sono capolavori: insieme agli Experience (Il batterista Mitch Mitchell e al bassista Noel Redding), incide nel 1967 “Are You Experienced” (“Purple Haze”, “Hey Joe”, “Foxy Lady”) e “Axis: Bold As Love” (“Little Wing”, “Up From The Sky”). Poi nel 1968 registra il suo ultimo album in studio e il suo più grande successo commerciale: “Electric Ladyland”, con “Voodoo Chile”, la cover di “All Along The Watchtower” di Bob Dylan e “Crosstown Traffic”.
Nel 1967 l‘America ancora non lo conosceva e il collega Paul McCartney rimediò, raccomandandolo agli organizzatori del festival di Monterey. Da quel momento la sua vita diventa un tour de force tra concerti e sedute di registrazione, fino a quando nell’agosto del 1969 sale sul palco di Woodstock con una sua versione distorta dell’inno americano, sconvolgendo il pubblico e facendo la storia.
Nel gennaio del 1970, per liberarsi da un contratto, registra un live con la Band of Gypsies (Billy Cox e Buddy Miles), che uscirà postumo e che contiene “Machine Gun”, canzone di protesta contro la guerra in Vietnam. Qualche mese più tardi apre a New York gli Electric Lady Studios i suoi studi registrazione, dove riesce a registrare una jam session prima di partire in tour in Europa e incontrare la morte.
Tgcom24