Fulvio Lucisano, sale o rinnovate o muoiono, regole su Netflix

Fulvio Lucisano, sale o rinnovate o muoiono, regole su Netflix

90 anni, 60 di attività, scopre Troisi, rimpiange il no a Rambo

Novant’anni di età, sessanta anni di attività e una lucidità e una visione prospettica proverbiali, Fulvio Lucisano, nato il 1 agosto del 1928, ha visto il cinema degli anni d’oro degli anni Sessanta, quelli con la fila fuori, la crisi nera dalla fine degli anni ’90 e i tempi di cambiamento di oggi dove si assiste al boom delle piattaforme che rubano spettatori alle sale (potrebbero rubare? questa è l’attualità del caso Sulla mia pelle). “W il cinema” esordisce Lucisano in un’intervista all’ANSA, “vivrà per sempre”. Poi spiega la sua posizione sul ‘caso’ Netflix: “Bisogna riconquistare il pubblico alla sala, l’emorragia dura da oltre 35 anni e per spingere le persone ad uscire di casa, lasciare la comodità della poltrona è un’impresa, inutile meravigliarsi se chiudono né se i film si vedono altrove. Però quello che dovrebbe essere chiaro, e che spero il ministro Bonisoli e tutte le istituzioni competenti perseguano, è che Netflix e gli altri vanno regolati, controllati: sono una novità fondamentale per il cinema, per il rinnovamento del linguaggio, per la produzione. Bisogna però che ci sia una finestra, non dico di quanto tempo, ma che ci sia, perché un film va dato prima alla sala, lì deve cominciare il viaggio, la contemporaneità non va bene. Le sale però vanno assolutamente rinnovate, devono diventare esperienza, con immagini di livello top, poltrone ultra confortevoli, servizi come il kids garden per far tornare le coppie al cinema non solo per i film d’animazione. Il fatto è che, lo dico anche da esercente, tutto questo è difficile per permessi, licenze, burocrazie: ai Comuni, mi esprimo chiaramente per esperienza, delle sale non interessa nulla, a mio parere sbagliando sia per il valore culturale, per l’indotto e per il lavoro. A Via del Corso in pieno centro a Roma c’erano 15 sale, oggi neppure una.
Agli Champs Elysees a Parigi sono un’infinità. In Italia è un pianto, ma è un errore pensare che sia una battaglia di retroguardia, basta appunto vedere i dati francesi, la sala se è bella è un richiamo forte. Da 800 milioni di spettatori siamo da anni a 97 milioni, l’epoca è cambiata, ma la sala ha un fascino senza uguali, se resa moderna”.
Quello di Fulvio Lucisano è un doppio compleanno da festeggiare: la sua società (la Italian International Film dal 2014 diventata Lucisano Media Group con quotazione in borsa) l’ha fondata il 1 agosto del 1958, lo stesso giorno della sua nascita. Il ‘grande vecchio’ sarà festeggiato il 24 settembre al MAXXI di Roma, con le figlie Paola e Federica che da tanti anni lo affiancano, e tantissimi attori e registi che hanno lavorato con lui, tra cui Banfi, Gerini, Barbareschi, Amendola, Gasmann, Giallini, De Sica, Montesano, Trinca, Zingaretti. In questa occasione verrà presentato il libro di Laura Delli Colli: Fulvio Lucisano – Sotto il segno del cinema (Edizioni Sabinae). Al ritiro non ci pensa: “Adesso farò un film difficile, Aspromonte, con la regia di Mimmo Calopresti e un bellissimo cast, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni e il Marcello Fonte di Dogman”.
I film di più grande soddisfazione tra gli oltre 130? “Ricomincio da tre (1981), il primo film diretto da Massimo Troisi: lui non voleva, ne sondammo 3-4 ma non lo considerarono importante. Lo scrisse Ottavio Jemma che con grande onestà mi disse ‘l’ho fatto sotto sua dettatura’. E poi Un marito in collegio (1977) e Il ladrone (1980) con Montesano venduto bene anche all’estero. E Notte prima degli esami, apripista di un genere, un grande successo e pesare che anche per quel film ho faticato: fu il debutto di Fausto Brizzi che pur avendo fatto la sceneggiatura non si sentiva pronto alla regia, Neri Parenti lo consigliò”. Lucisano ha sempre avuto grande fiuto, “mi sono fidato del mio istinto, non tutto è andato secondo le attese ma in fondo i rimpianti sono pochi”. Quali? “Non aver preso per l’Italia i diritti di Rambo, lo giudicai troppo violento e in quell’epoca, 1982, il divieto della censura significava perdere i diritti per la tv. E prima ancora lo sbaglio clamoroso con Dio perdona e io no, il primo film della coppia Terence Hill-Bud Spencer, cedetti mal consigliato i diritti allo stesso regista Giuseppe Colizzi”.
Si è rifatto con tanti altri: Quattro matrimoni e un funerale, successo blockbuster e più recentemente Drive del danese Nicolas Winding Refn. Veri flop? “L’anno prossimo vado a letto alle dieci, un film bellissimo ma il regista Angelo Orlando non volle accettare qualche taglio dalla censura, uscimmo mesi dopo e fu un disastro”.

 

(ANSA)

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