Il rocker di Zocca, 64 anni, a Lignano Sabbiadoro per la data “zero” del Live Kom 2016 che lo porterà all’Olimpico di Roma dal 22 al 27. “L’Is vuole instillare la paura, ma noi non dobbiamo cedere, Dobbiamo essere disposti a morire per questo”
NON è un concerto, è un ruggito, fiero e prolungato, il ruggito di un vecchio leone che è stato ferito, che ha rimarginato le sue ferite e che oggi si sente più forte che mai.
Un ruggito che parte dal piccolo stadio di Lignano (ventimila spettatori per la data zero) e che arriva dritto e potente fino a Roma dove questa settimana lo aspettano quattro epici giorni da record allo stadio Olimpico (il 22, 23, 26 e 27 giugno).
La faccia di Vasco che i quattro schermi rimandano ingrandita e dettagliata è pulita, serena, ringiovanita. “Ringiovanito? Ho fatto un patto col diavolo, ovvio” racconta divertito dopo il concerto, “è che dovendo per forza fare una vita sana… ho avuto qualche ultimatum, capirete… un po’ due palle, sono anche un po’ spaesato, vedo più cose, forse pure troppe, prima stavo più tranquillo, però ho un’energia diversa, ho voglia, adesso non mi fermo più”.
Il concerto viaggia alto, forte, spedito come un jukebox concepito come un regalo ai fan, con tutto quello che ci deve essere, ma anche tanti e ripetuti messaggi sul rinascere, sul sopravvivere, che del resto è uno dei temi fissi del canzoniere del Blasco: “Facciamo bene perché è sabato sera perché siamo vivi, domani chissà, te le prendi la responsabilità?” canta in L’uomo più semplice , e poi ribatte con Quante volte , “Quante volte ho pensato è finita, poi mi risvegliavo il lunedì”, questo lui vuole dire al suo popolo, non bisogna avere paura, tutti possono farcela.
Lo urla alla fine del concerto, basta con la paura, non ci facciamo fottere e poi ribatte dopo il concerto con parole che lasciano senza fiato: “I terroristi dell’Is vogliono instillare la paura, ma noi non dobbiamo cedere, non possiamo rinunciare a quello che abbiamo conquistato, sono morte migliaia di persone durante la Resistenza per la nostra libertà. Tutti, anche oggi, dobbiamo anche essere disposti a morire per questo”.
Parole incredibili dette dall’edonista, simpatico, gaudente Vasco che a metà concerto manda a mille la platea con Gli spari sopra , Stupendo , Sballi ravvicinati che inietta nell’aria veleni devianti, valenze metallare, fino a Rewind , che diventa un vero baccanale rock e quando dice “fammi vedere”, le ragazze sotto il palco si spogliano, ballano nude e lanciano reggiseni sul palco, una festa pazzesca e divertente, in fondo classica nel suo lessico pieno di suoni tamarri e accordi in maggiore, ma viva, vitale.
Si vede che Vasco se la gode un mondo, sboccato e menefreghista, usa ancora l’asta del microfono come un vecchio impenitente rocchettaro, ma la sua faccia è limpida come non lo è mai stata, lo sguardo azzurro sembra più saggio e consapevole, le telecamere indugiano molto sui suoi primi piani, ora se li può permettere, li regge con cipiglio trasparente, e del resto oggi ci tiene a dire quello che pensa, anche sulla visita a Pannella, un mese prima della scomparsa del leader radicale: “Mi ha dato molta serenità”, spiega, “non ce ne sono come lui: puro onesto, coerente, non c’è stata una sua battaglia con la quale non sia stato d’accordo. L’avevo chiamato per dirgli: magari vengo a trovarti quando stai un po’ meglio, e lui: no, quando stai un po’ meglio te!”.
Alla fine butta lì anche qualche notizia: “I quattro concerti romani concludono una storia, poi si riparte, ho già pronte quattro canzoni nuove, questo è l’anno del quattro, che usciranno con una super-raccolta, poi la prossima estate festeggiamo quarant’anni di carriera disco con un concerto all’aperto a Modena”. E non è difficile immaginare che metterà in piedi una giornata memorabile con un oceanico numero di spettatori.
Allude anche alla voglia di fare qualcosa in dimensione acustica, forse addirittura nei teatri, quest’inverno. Del resto l’ha detto, ora non si ferma più, il suo nuovo mondo di salute e sobrietà gli apre orizzonti nuovi, e nel concerto ci ricorda in continuazione che la sua partita è un divertente gioco di rifrazione tra visioni rocchettare e arte della canzone. Se si passassero a setaccio i suoi pezzi i residui sarebbero pezzi di balera, melodie da cantautore, perfino cabaret, a volte, Albachiara , Vita spericolata , di recente Il blues della chitarra sola , ma quando attacca, alla fine, Siamo solo noi , la partita si chiude.
Quello è solo, esclusivamente rock, e del più puro: “siamo solo noi che tra demonio e santità è lo stesso, basta che ci sia posto”. Amen.
Repubblica