Nel seguito il protagonista Ryan Reynolds si conferma il vero motore e attrattiva del film. Convince anche la new entry Josh Brolin
Grande attesa per Deadpool 2, dopo un numero uno messo su senza pretese e destinato a restar tale, in pratica un intermezzo rilassante fra un blockbuster e l’altro dei veri supereroi: ma un botteghino planetario di quasi 800 milioni di dollari a fronte di un costo di «soli» 58 milioni avrebbe fatto cambiare idea a chiunque. Così la 20 Century Fox con Marvel si è affrettata a mettere in cantiere un seguito che forse è anche più divertente dell’altro, nel senso che la sua formula di commedia giocata a ritmo forsennato sul doppio filo della violenza e della comicità è stata perfezionata per il piacere del pubblico «young adult» e di tutti quegli adulti che non hanno dimenticato di essere stati adolescenti.
In questa puntata l’ex mercenario Wade, che ha acquistato poteri speciali curandosi il cancro, si confronta con una perdita terribile, arriva a meditare il suicidio, si batte contro un cattivo (o forse no) che viene dal futuro ed essendo interpretato da Josh Brolin è dotato di vero spessore; e soprattutto prende a cuore le sorti di un orfano mutante che si è ribellato alle autorità per aver subito abusi. Per avere preso le parti del ragazzino che produce fuoco dalle mani, Wade finisce con lui in una prigione fra i ghiacciai, deprivati entrambi dei poteri da un collare inibitore, ma è ovvio che i due non solo riusciranno a fuggire, ma si ritroveranno coinvolti in altre avventure fino a un finale che promette un terzo capitolo.
David Leitch, che ha sostituito Tim Miller al timone di regia, dimostra di essere altrettanto ben equipaggiato in fatto di azione scatenata e di effetti speciali. Quanto a Ryan Reynolds, che riveste i panni del protagonista, stavolta firma anche la sceneggiatura – piena di riferimenti parodici all’universo dei fumetti – costruendosi su misura addosso il personaggio. Spassoso, autoironico, politicamente scorretto e tuttavia capace di lottare il Male e far trionfare il Bene non meno di altri più famosi super-colleghi, Reynolds si conferma il vero motore e la vera attrattiva del film.
ALESSANDRA LEVANTESI KEZICH, La Stampa