Cominciamo bene. Al primo giorno di Cannes il presidente della giuria Pedro Almodóvar concia per le feste Netflix, che ha due film in concorso: «Sarebbe un paradosso una Palma d’Oro a un film non destinato alla sala».
Una semplice frase che dice bye bye alle possibilità di The Meyerowitz stories con Dustin Hoffman e Okja con Tilda Swinton. Entrambi firmati Netflix. Entrambi non destinati alle sale. Di certo è un grosso guaio a Cannes, e chissà come l’hanno presa i vertici del Festival, come tutti impegnati a soppesare il cabotaggio del passato con l’arrembaggio del futuro. E manco è stata una frase dal Pedro sfuggita visto che ha rincarato così leggendo su di un foglio: «Credo fermamente che, almeno la prima volta che qualcuno vede un film, sia necessario che lo schermo non sia più piccolo della propria sedia». Quindi niente smartphone, niente tablet. Un attacco chiaro e comunque un po’ incomprensibile visto che il regista non ha certo scoperto ieri la presenza di questi due film che, legittimamente, erano stati ammessi alla corsa per la vittoria e, appena accomodati in riva al mare, a bruciapelo hanno scoperto di non avere speranze. Dopotutto ad Almodóvar, si sa, piace sparigliare le carte. A Will Smith invece no. Anche lui è in giuria e ha smentito il suo presidente con diplomazia da ambasciatore Onu: «A casa mia l’arrivo di Netflix non ha avuto alcun effetto: sono due tipi di fruizioni diverse e Netflix non ha fatto altro che ingrandire l’offerta». E se anche un’altra giurata, l’attrice francese Agnes Jaoui, ha traccheggiato con un generico «il mondo va avanti», ieri è stato assordante il silenzio in materia dell’unico giurato italiano, Paolo Sorrentino. Forse al posto suo ha parlato il ministro Franceschini con il politichese «non si possono avere solo strategie difensive». Insomma a Cannes va in scena la guerra tra presente e futuro, tra «loggionisti» e progressisti. E se ne vedranno delle belle. Rigorosamente su mega schermo, guai ai tablet.
Il Giornale