Occhi azzurri, biondo, statuario, quando sei il più bello di Hollywood «rischi di diventare un narciso insopportabile». Lui, per evitarlo, è fuggito in Australia con la moglie e i 3 figli. Prima, però, ci ha dato appuntamento a Malibu
Ho la sensazione di essere in un film. Non in uno qualsiasi: in uno di quei capolavori hollywoodiani che mescolano trash ed eleganza del jet set. Una commedia con divi sexy e affascinanti che fanno cose sexy e affascinanti in luoghi sexy e affascinanti. In questo film mi vedo seduta in un ristorante all’aperto, dove l’atmosfera è rilassata e informale, e tutto parla di soldi ed esclusività: clienti abbronzati in occhiali da sole, panorama spettacolare. L’oceano è uno scintillio di azzurro, lo stesso colore, per fortunata coincidenza, degli occhi del mio compagno di tavolo. Un cameriere si china verso di me e sussurra: «Fantastico panorama». Mantenendo gli occhi fissi in quelli color zaffiro della persona dall’altra parte del tavolo, rispondo: «Fantastico, davvero». Ok, lo scambio di battute con il cameriere non è mai avvenuto, ma il resto, giuro, è tutto vero. Sono da Geoffrey’s, ristorante arroccato sul promontorio di Malibu che dà sul Pacifico. Quanto agli occhi color zaffiro, ho davanti a me Chris Hemsworth.
La migliore presentazione dell’attore trentaduenne è una memorabile puntata del Saturday Night Live con la sua parodia della pubblicità dell’American Express, in cui personaggi famosi si presentano in un formato «acqua e sapone» che è in realtà puro autocompiacimento, 100% showbiz.
Chris Hemsworth nei panni di Chris Hemsworth elenca gli «ostacoli» che ha dovuto superare nella sua corsa verso il successo. La voce fuori campo, con la tipica falsa modestia, racconta che quando è arrivato a Hollywood tutti gli hanno detto che non ce l’avrebbe mai fatta a diventare un attore, perché era troppo alto, troppo biondo, troppo muscoloso.
Il pubblico in studio risponde con un boato. E perché no? La battuta è divertente. Dopo tutto, la sua bellezza è così estrema da non poter essere negata o ignorata, e nemmeno minimizzata. È quasi una parodia, e quindi perché non farci dello spirito?
Chris Hemsworth è il più divo di tutti i suoi colleghi, e con questo intendo il più bello. Lo so che la bellezza è soggettiva, che sta nell’occhio di chi guarda eccetera, ma se lui non è il più bello del genere maschio naïf, chi lo è? Channing Tatum è un fustacchione che non vede l’ora di darsi da fare. In termini di puro erotismo, maschio da «un colpo e via» vince a mani basse. Ma ha sempre addosso quel certo non so che di «manzo» (lui lo sa e ci gioca: è questo atteggiamento malizioso che lo rende così divertente sullo schermo).
Bradley Cooper è il figo del liceo. Non proprio inavvicinabile, del genere che un colpo di fortuna te lo fa incrociare dopo una notte per pub, quando vale il detto «ogni donna è bella all’ora di chiusura dei locali». Poi, certo, Ryan Gosling e Jake Gyllenhaal sono rubacuori come Hemsworth, ma di una specie diversa: fisicamente meno imponenti, sessualmente più diffidenti, con una propensione al ruolo del lupo solitario. Infine c’è Tom Hardy, il macho dall’aria equivoca e trasandata. Ma se Hardy può avere il corpo del protagonista, ha l’anima del caratterista. Altro punto a favore di Chris: è meglio dal vivo che sullo schermo. In realtà è identico, il che vuol dire che è meglio, visto che in genere, nel mondo reale, si rimane inevitabilmente delusi (classica frase: «Ma è davvero lui? Ma l’hai visto? Dal vivo è un cesso»).
Ma non fidatevi della mia parola, verificate di persona. Rapido flashback sul momento in cui è entrato nel mio campo visivo. Il viale d’accesso a Geoffrey’s è ripidissimo e tortuoso. Temendo che il mio catorcio di taxi non ce la faccia ad arrivare in cima, scendo prima. Mentre arranco sui tacchi, mi supera uno in moto, che infila i tornanti con un’eccezionale souplesse e si ferma con precisione millimetrica davanti all’addetto al parcheggio. L’uomo smonta, si toglie il casco e ho la conferma di ciò che già sapevo. È lui, Thor, il dio del tuono, che però viene dagli antipodi, l’australiano dalla pelle color miele e dai capelli dorati. Gli occhi di un azzurro così puro da oscurare la bellezza del mare e del cielo. È alto, ben oltre l’uno e ottanta, con un fisico asciutto fatto di muscoli e forza, molto diverso dal semplice ammasso di muscoli che lo caratterizza nella sua veste divina quando impugna con forza Mjöllnir, l’inseparabile martello. Le cameriere all’entrata – tipiche ragazze di Los Angeles, smaliziate, capaci di essere blasé in qualunque circostanza, ragazze che hanno fatto del non mostrarsi impressionate il loro stile e il loro mestiere – smettono di respirare quando si avvicina. E sorride. Ecco, per un secondo parliamo di questo sorriso. Assassino – un assassino molto ben addestrato – ma anche accattivante. Il sorriso del bravo ragazzo che tradisce una vena di imbarazzo, come se chi lo sfodera si rendesse conto dell’impatto che ha la sua presenza sulle persone, e con questo volesse ridurre i danni. Quel sorriso però non aiuta. Anzi, peggiora le cose. Perché adesso hai la certezza che non è solo un bell’uomo, ma anche un bell’essere umano, che la confezione corrisponde al contenuto.
Lili Anolik, Vanity Fair