Dopo “La ragazza nella nebbia” e “L’uomo del labirinto”, il maestro del thriller italiano filma la terza trasposizione cinematografica di un suo romanzo. Tra serial killer e cacciatrici, un perturbante viaggio al termine della notte. In prima tv lunedì 20 febbraio, alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Suspense), in streaming su NOW e disponibile on demand.
Non tutte le vittime diventano carnefici, ma tutti i carnefici sono stati vittime. Parte da questo assioma, “Io sono l’abisso”, il film diretto da Donato Carrisi, tratto da suo omonimo romanzo, edito da Longanesi. Un thriller che sfocia nel dramma. Un’opera che ha l’odore della morte e il sapore della solitudine. Non a caso il regista cita un inquietante dato: “Secondo una statistica, ci potrebbero essere fra i tre e i sei serial killer attivi e non ancora individuati e che forse non lo saranno mai. E questo perché magari agiscono a intervalli di tempo troppo lunghi per collegare fra loro gli omicidi, a volte anche anni. O perché uccidono in luoghi troppo distanti fra loro. O perché scelgono le loro vittime fra le persone sole o che vivono ai margini della società.” Insomma, un lungometraggio che si nutre di alcune storie realmente accadute: da Jeffrey Dahmer a Luigi Chiatti, il mostro di Foligno. E tra “Non posso perderti” di Bobby Solo e la colonna sonora del compositore e direttore d’Orchestra Vito Lo Re, la pellicola ci trascina in un incubo lacustre, gonfio di rabbia e dolore. Grazie anche alla la colonna sonora firmata del compositore e direttore d’orchestra Vito Lo Re (edita da Edizioni Curci e Palomar) e disponibile in digitale. Al suo interno è presente anche il brano “La Mia Queen“, eseguito da Shoker MC. «È una colonna sonora atipica – dichiara Vito Lo Re – Si fonda essenzialmente su un unico brano che ha il compito di accompagnare la scena più importante e più difficile del film. E il regista mi aveva detto che l’avrebbe girata senza sonoro, basandosi soltanto sulla musica. È stata un’enorme responsabilità perché da quella scena e da quel brano dipende l’effetto emotivo del finale».
IO SONO L’ABISSO, LA TRAMA DEL FILM
“Le persone dicono bugie, ingannano. La spazzatura, invece, non mente. “ Per questo l’uomo che pulisce, il serial killer protagonista del film seleziona le sue vittime, attraverso l’esame dei loro rifiuti. E la raccolta differenziata diventa la cartina di tornasole di persone sole e disperate. In una ridda di franmmenti di unghie laccate, sigarette Vogue al mentolo, cibo per gatti, collant contenitivi, smagliati, creme antirughe da quattro soldi, strisce depilatorie, bottiglie vuote di vodka di pessima qualità, l’assassino individua donne bionde e attempate e le uccide. Tuttavia, il perpetuo rituale di morte viene sconvolto dall’incontro fortuito fra l’omicida e una ragazzina dal ciuffo viola. Persino i mostri sono capaci di amare, ma quel desiderio di proteggere una giovane indifesa rischia di compromettere l’invisibilità del killer. (che si camuffa con una parrucca, baffi e lenti a contatto).
Sicché, la cacciatrice di mosche, una madre a cui nessuno pare credere, si mette sulle tracce del carnefice. E il film si trasfigura nel viaggio di tre anime dentro l’abisso.
IL MALE ESISTE
Protagonisti di Io sono l’abisso non hanno un nome. Anche nel romanzo vengono presentati come «l’uomo che pulisce», “la cacciatrice di mosche” e “la ragazzina con il ciuffo viola”. Perché ognuno di noi può essere una vittima o un carnefice. A Donato Carrisi non interessa segnare alla lavagna buoni e cattivi. La psiche umana non è divisibile in due colonne ben separate. Lo scrittore italiano orchestra quindi un thriller fluido quanto l’acqua, elemento narrativo dominante nel film. A partire dal lago di Como dove il lungometraggio è ambientato”. Il luogo più tranquillo della terra” nasconde indicibili segreti, sotto la superfice si agitano correnti inarrestabili, quanto le pulsioni umane, senza contare che il borgo di Nesso cela la fossa più profonda del mediterraneo. E una piscina abbandonata si può trasfigurare nell’anticamera dell’inferno, in una terrificante e freudiana scena primaria tra rifiuti e insetti volanti. Così, certi bambini, crescendo finiscono per somigliare alla creatura immaginata da Mary Shelley in Frankenstein e ti aspetti che nell’oscurità gridino la celebre domanda pronunciata del mostro “Perché dovrei avere pietà per quegli esseri che non ne hanno per me?”. In fondo l’uomo che pulisce è una sorta di Francis Dolarhyde (“Dente di fata) che come alter ego, invece del grande drago rosso, ha il più prosaico, ma altrettanto letale Micky, nascosto dietro una porta verde. Solo che al netto dei traumi infantili, dell’infanzia violata, il male c’è, il male esiste. E Io sono l’abisso ne è un’efficace e perturbante dimostrazione, tra le luci al neon un dancing di provincia e un facoltoso bastardo che ricatta una ragazzina.