Il film svela il regista, attore, musicista e scenografo: 12 anni di lavorazione tra inediti, scritti e aneddoti
Arte e vita, fiction e realtà: può essere l’eterno topos letterario, ma quando questo ha a che fare con un personaggio e un artista come David Lynch tutto cambia. Finalmente approda nei cinema il documentario del cineasta di Missoula, Montana, proposto all’ultima Mostra del cinema di Venezia: «David Lynch: The Art Life» viene proiettato il 20 febbraio all’Area Metropolis 2.0 di Paderno Dugnano (ore 21, ingresso intero 8 euro, ridotto con cinetessera 5,50 euro) e dal 22 febbraio al 6 marzo allo Spazio Oberdan di Milano (orari diversi per ogni giornata, ingresso intero 7,50 euro, ridotto con cinetessera 5,50 euro, info 02 872421149. Il film posa lo sguardo su Lynch al lavoro nel suo studio sulle colline sopra Hollywood. Il regista di «The Elephant Man», «Velluto Blu» e «Mullholland Drive» racconta aneddoti della propria parabola artistica e della propria infanzia, dando ad esse la cornice di una scena di film. Un racconto, quello di Lynch, che come un fiume carsico fa emerge e sommergere personaggi legati a particolari momenti della sua vita. Cineasta, attore, musicista e compositore, scenografo, scrittore e praticante appassionato di meditazione trascendentale, David Lynch è un autore sperticatamente amato e altrettanto detestato da un pubblico mai così diviso. Dall’infanzia nella tranquilla provincia americana in Montana, terra di praterie, spazi immensi (è il quarto stato più grande degli Stati Uniti e il penultimo per densità di popolazione) fino all’arrivo a Philadelphia, città francamente detestata da Lynch, il documentario a regia collettiva di Rick Barnes, Jon Nguyen e Olivia Neergaard-Holm – collaboratori fidati del regista del Montana – cerca di spiegare uno dei più criptici e provocatori registi del cinema contemporaneo. «Penso che ogni volta che creiamo qualcosa spiega lo stesso Lynch un dipinto così come un film, si parta sempre con tante idee, ma è quasi sempre il nostro passato che le reinventa e le trasforma. Anche se si tratta di nuove idee, il nostro passato le influenza inevitabilmente». Da ben dodici anni «David Lynch: The Art Life» era in lavorazione: vede la luce grazie a un lungo processo di crowdfunding che, con un budget di centoottantamila euro e in novanta minuti di durata, porta nel cuore del personaggio. Un artista che, benché considerato di culto, non ha conseguito un singolo Oscar nella sua carriera (oggi Lynch ha settant’anni), considerando anche la sua manciata di lungometraggi (una decina) in oltre quarant’anni di professione. Nel suo studio, Lynch racconta sé stesso attraverso bozze di disegni e di scritti, e naturalmente racconti sinceri che giungono a rivelare anche particolari paure personali e ossessioni. E poi, naturalmente, c’è il cinema, all’insegna della visionarietà sempre inseguita: dal primo cortometraggio intitolato «The Alphabet» realizzato sotto l’influenza dello sperimentalismo sessantottino (e che gli procurò una borsa di studio dell’American Film Institute) al primo lungometraggio «maturo» – «Eraserhead La mente che cancella», realizzato in ben sei anni tra mille difficoltà, professionali e famigliari. Imperdibile per gli appassionati.
di Ferruccio Gattuso, Il Giornale