J-Ax, dal rap alla cronaca nera: “Rompo le regole e con ironia vi racconto i casi più surreali”

J-Ax, dal rap alla cronaca nera: “Rompo le regole e con ironia vi racconto i casi più surreali”

L’artista lancia “Non aprite quella Podcast” in cui ripercorre in chiave irriverente molte storie dimenticate

Un po’ come è stato con il rap, J-Ax porta per la prima volta in Italia un podcast “diverso” da tutti gli altri. L’artista in “Non aprite quella Podcast” su Spotify si confronta, insieme al rapper Pedar e al giornalista e autore Matteo Lenardon, con casi di cronaca nera spesso dimenticati in modo “ironico e irriverente”. Strappando spesso un sorriso. “Certi avvenimenti avevano così tanto dell’incredibile che ci siamo chiesti se fossero davvero successi”, racconta J-Ax a Tgcom24.

Ax, perché hai deciso di occuparti di questi casi di cronaca nera?
Sono un appassionato, e poi amando i podcast americani, in cui si approfondisce a 360 gradi senza tralasciare niente, ho capito che in Italia mancava un approccio tra virgolette irriverente, irrispettoso e ironico. Il concetto è che per rendere interessanti queste storie viene mitizzata la figura del killer, la bellezza, il fascino, in realtà spesso sono dei poveri sfigati, basta pensare al mostro di Bolzano.

Quindi il podcast stravolge le regole…
Intanto l’approccio di mitizzazione non c’è. Fin dal primo caso come, ad esempio “I bambini di Satana”, documentandoci ci siamo imbattuti a nostra sorpresa sulla mala giustizia, pensavamo di scontrarci con storie di satanismo. Questi avevano solo un hobby, ma di concreto non combinavano niente. Senza parlare di come è stata gestita la comunicazione e di come sono state fatte le indagini: le forze dell’ordine inviarono addirittura due infiltrati, per anni sono stati dentro la “setta” e sono stati spesi dei soldi inutilmente.

E poi non si torna indietro…
Esatto. Esiste una peculiarità tutta italiana, ci si fa una idea che è giornalisticamente appetibile e non si cambia versione, ci si rifiuta di accettare la realtà, accade sia per la stampa sia per la magistratura, ci si rifiuta di accettare che la strada non era quella giusta, a volte con risvolti super comici.

Nella prima puntata vi occupate appunto dei “Bambini di satana”, la setta fondata 30 anni fa a Bologna da Marco Dimitri, che nel 1996 venne arrestato e poi messo in libertà e risarcito con 100mila euro…
Fermavamo il podcast perché non potevamo credere ai nostri occhi e alle nostre orecchie, ci chiedevamo ‘ma siamo sicuri che questo è successo davvero?’… in un’aula di tribunale dall’accusa era stata chiamata una licantropa a testimoniare, bastava aspettare la luna piena per chiarire l’equivoco…

E ci ridete un po’ su…
Rompiamo la regola per cui su certe cose non si scherza e invece noi lo facciamo, le uniche cose su cui non scherziamo sono le vittime, per il resto nessuno è salvo.

Altri casi (dieci puntata e sette casi) di cui vi occuperete?
Ad esempio il caso di Fortunato Zanfretta, il metronotte rapito dagli alieni su cui si sono sprecati tanti soldi e Marco Bergamo, il mostro di Bolzano. Siamo stati distanti dai casi di cronaca più attuali e di cui si occupano tutti. Siamo andati a cercare storie che oggi ci appaiono assurde e surreali e continuiamo a ripetere che quello che raccontiamo è successo davvero, che non stiamo inventando niente.

Può servire per far scoprire ai giovani storie di cui non hanno mai sentito parlare?
Spero di sì, certe puntate poi raccontano bene il mondo dell’informazione che non sempre è corretto, ma il messaggio fondamentale è che una delle armi che noi possiamo usare contro il male è l’umorismo, i criminali invece vogliono incutere paura. Se io mi dovessi trovare davanti al diavolo gli direi ‘hey cornuto!’. L’ultima cosa che si aspettano è l’umorismo.

Ale perché questo podcast?
E’ una cosa che mi appassiona, sono in una fase della mia carriera in cui posso scegliere, ho proprio il piacere di farlo, ho cominciato durante il primo lockdown, poi quando l’ho fatta sentire agli addetti ai lavori, si sono innamorati, e con Spotify siamo andati avanti. Non esistevano podcast così.

Avete filmato questi incontri?
Le riprese video sono dalla quinta puntata in poi, non ci avevamo pensato, siamo partiti per noi, quando è entrata Spotify abbiamo sperimentato anche questa funzione. Anche perché io ad esempio ascolto i podcast in macchina.

Questo progetto contaminerà la tua musica?
No. Ha più a che fare con un format tv. Chissà…

Anche stavolta sei innovativo, porti qualcosa di diverso…
Sono il primo in Italia a portare questa versione americana, un po’ come era stato con il rap.

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