IL RISCATTO DI J-AX E FEDEZ: «NOI, COMUNISTI CON IL ROLEX MA ONESTI

IL RISCATTO DI J-AX E FEDEZ: «NOI, COMUNISTI CON IL ROLEX MA ONESTI

j-ax-fedezUn’operazione in pieno ossequio verso le leggi del marketing. Un disco, e 16 canzoni-tormentoni. Fedez e J-Ax, in due ruoli attigui e complementari – il primo capitano d’azienda e imprenditore a tutto campo, il secondo nei panni del vecchio saggio, di 17 anni più «adulto», più romanticamente attaccato alla definizione di artista – sfornano un album, «Comunisti col Rolex», destinato all’hit parade. E alle polemiche, fin dal titolo, in attesa delle mosse dell’azienda evocata, che sarebbe infastidita dall’associazione forzosa: Fedez fa sapere di conservare in cassaforte la sua collezione di Rolex, ma al polso esibisce un prezioso Patek Philippe.
Nel look i due giocano ai rivoluzionari con stile, il cd si presenta nel superattico di lusso di Fedez, per rispondere «a chi faceva illazioni su dove e come vivessi: ecco qua, la rivista che ha scritto di un appartamento da due milioni di euro mi ha offeso, questa casa costa molto di più»: si gioca a chi le spara più grosse, ma autoironia e provocazione stemperano un po’ canzoni fatte apposta per sollecitare dibattiti: «Questo disco», sottolinea J-Ax, «parla di riscatto sociale, non c’è nulla di male o di strano ad arricchirsi, ammesso di farlo onestamente. Noi abbiamo lavorato molto per questo, paghiamo tutte le tasse, e proviamo a trasformare un dispregiativo in un motivo di vanto. Solo in Italia si criminalizza un benessere e un’opulenza di cui andare invece orgogliosi, se ci si è arrivati correttamente. Noi non vogliamo nasconderci, né ostentare: ci preme dire che il successo può arrivare senza ricorrere a mafie e clientele, ne siamo la prova. Peggio sarebbe cadere in un imborghesimento artistico, dire che se vendi tanto fai schifo: per noi è l’opposto e questo è un lavoro di totale appagamento e valore».
Destra e sinistra, insomma, significano sempre meno, dicono, insomma, anche se J-Ax si dice «di sinistra ma libertario», e in «L’Italia per me», spiega, «abbiamo messo tutto quello che ci piace della nostra nazione, riuscendo a non sembrare fascisti o due di Casa Pound: la destra si è impossessata di molti simboli che dovrebbero essere di tutti, come il tricolore».
Realizzato negli studi che con la loro società Newtopia, responsabile anche dal boom di Rovazzi, «Comunisti col Rolex», continua nella mainstreamizzazione del rap, con ospiti varissimi: in «Assenzio» ci sono Stash dei Kolors e Levante, più avanti troviamo Giusy Ferreri, Sergio Sylvestre, Alessandra Amoroso, Alessia Cara, Nek, Arisa e Loredana Bertè («Allergia»).
I versi, invece, chiamano in causa Jovanotti («miliardario sottocosto a fare il vegano e poi mangiare la bresaola di nascosto»), Tiziano Ferro («si è comprato l’attico di fianco a Fedez con i soldi risparmiati a cena con il fisco inglese»), Briatore, Boschi, Gianluca Vacchi, Manu Chao, e via straparlando. La palma del più evocato spetta a Matteo Salvini, presente in ben tre canzoni, associato in un verso al neopresidente Usa: «Scappavo dalla Lega e ho trovato il Ku Klux Klan, scappavo da Salvini e ho trovato Donald Trump», in «Tutto il mondo è periferia»: «Sono figli della stessa onda, della stessa paura», spiega l’ex Articolo 31: «Quando c’era Renzi l’ho implorato a fare qualcosa (di sinistra) per la genere comune: lui parlava di cambiamenti a lungo termine, ma il bisogno, la necessità sono oggi. Non si può più aspettare».
Il tour (nella band, come nel disco, c’è Paolino Jannacci), al via l’11 marzo da Torino e atteso a Napoli il 28 marzo al Palapartenope, intanto sta già collezionando sold out: comunisti chissà, col Rolex sempre più. E fieri di esserlo: «Fino ad oggi», gongola il più giovane della coppia, «abbiamo venduto 107mila biglietti. Facciamo gli stessi numeri degli U2, e me ne vanto». Lui, intanto, dopo l’opinabile comparsata in «A un passo dal cielo» e prima di tornare a «X Factor», ha «scritto un programma di cui sarò conduttore e regista, ma devo ancora decidere a chi darlo e quando farlo: l’idea è forte, la prenderebbero tutti».

il Mattino

Torna in alto