Regista impegnato, comico, attore, giornalista: l’ex Iena Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, torna in tv con il suo programma di inchieste. Sognando papa Francesco e Beppe Grillo. Anche se, confessa, vorrebbe solo riposarsi
Difficile cosa faccia di lavoro Pif, visto che è un cineasta tra i più apprezzati degli ultimi anni, un autore tv, un attore, un comico, un giornalista, e, a un certo punto, è stato anche doppiatore di un film di animazione (Il Piccolo Principe, nelle sale lo scorso anno).
Però se gli si chiede cosa vole fare da grande, Pif risponde che la cosa che gli piace di più è «Il Testimone», il suo primo vero programma da solo (all’epoca su MTV, oggi su Tv8) fatto dopo essersi tolta la giacca e la cravatta da Iena. Venerdì 20 gennaio, Il Testimone torna con una nuova edizione: dieci puntate (di cui quattro registrate negli Stati Uniti, a Miami e Las Vegas) in cui Pif, armato di una telecamerina portatile, da solo, fa inchieste e interviste sui temi che la cronaca normale dimentica, trascura o, semplicemente, non vede: storie di arbitri di provincia, di stati in cui essere felici è obbligatorio per legge o di collezionisti pazzi che riempiono stanze intere del frutto della loro mania.
Pif, le sembra una buona idea mettersi a fare giornalismo nel periodo storico in cui il giornalismo va meno di moda in assoluto?
«Eh, attenzione però: io non faccio il giornalista. Io solo prendo un tema, ci lavoro sopra e faccio un video di quello che mi succede mentre lo faccio: nel Testimone c’è tutto, o quasi, senza finzioni. Diciamo che per il 95% è tutto vero».
E il 5% ?
«Lì c’è un po’ di televisione, di artificio. Ma poca roba. Il Testimone sono io con la mia telecamerina e basta. Niente filtro, niente paracadute. Per questo, per certi aspetti, è facile fare Il Testimone: semplicemente faccio il filmino di quello che mi succede»
Sicuro di non aver barato? Nemmeno un po’?
«Non ho barato, ma ammetto che un problema c’è stato: questa edizione del Testimone a differenza delle altre è stata fatta da un Pif ‘famoso’, è stata la prima in cui la gente mi riconosceva, sapeva chi fossi e, in qualche modo, voleva fare bella figura perchè’ c’ero io. E in qualche modo, anche se mi dispiace, sono diventato un po’ ingombrante e questo forse ha falsato un po’ la realtà».
Quindi fa un programma tutto di verità nel pieno dell’epoca delle fake news?
«Il problema è che oggi la gente non crede alle fonti ufficiali, come i giornali. Quindi anche chi giornalista non è, come me, deve dire cose vere: qualche tempo fa era uscito un sondaggio che diceva che la gente crede più alle Iene che al Tg1. E comunque sulle fake news io ho una mia teoria».
Sarebbe?
«Secondo me la gente che condivide le fake news, in fondo al cuore, in fondo in fondo, un po’ lo sa che sono panzane e che sono cose che non esistono proprio. Solo che attaccare una persona, un politico, una situazione, su temi veri, con cognizione di causa, con argomenti fondati è faticoso richiede impegno, interesse, fatica, ricerca, studio. Invece con una bella fake news strampalata si fa zero fatica, si infama chi si vuole infamare e la si butta caciara così, gratis».
Ci sono 10 puntate in questa edizione: qual è quella che le è piaciuto di più?
«Credo quella con gli arbitri: noi conosciamo quelli famosi, che arbitrano in serie A. Ma ce ne sono tantissimi, nelle mille divisioni del calcio di provincia, che si prendono badilate di insulti, di ogni tipo, indipentemente da quello che fischiano o non fischiano, che si fanno n mazzo così da un aparte all’altra del campo e che non prendono una lira. E magari, come il liceale che ho incontrato, il giorno dopo hanno anche un’interrogazione a scuola. Ma chi glielo fa fare?».
C’è un Testimone che vorrebbe ancora fare?
«Una giornata con il Papa, gomito a gomito. O con Beppe Grillo. Ma secondo me è meglio con il Papa».
Vanity Fair