Giovanni Veronesi riporta al cinema, dal 27 dicembre, i personaggi creati da Dumas. Certo non sono più quelli di una volta, invecchiati, cinici e disillusi ma per la loro regina saranno di nuovo insieme
I Moschettieri sono tornati, certo non sono proprio più quelli di una volta. D’Artagnan è un allevatore di maiali che però non ha appeso la spada al chiodo dal momento che si ritrova a duellare almeno una volta la settimana con i mariti del paese che si ritrovano “cornificati”, Aramis è un castellano lussurioso afflitto dalla sifilide che si illude di ingannare il tempo gozzovigliando e facendo musica, Athos assillato dai creditori si è nascosto in convento dopo aver trovato Dio (ma non vuole rivelare dove) e infine Porthos ha perso 35 chili in 28 anni e oggi vive come un eremita distillando alcolici proibiti. Dal 27 dicembre Moschettieri del re di Giovanni Veronesi sfida i film del Natale riproponendo in versione riveduta e corretta il classico di Alexandre Dumas, “un film come non si faceva da tanto tempo e chissà se se ne rifaranno ancora” dice Margherita Buy che nel film interpreta la regina Anna. Un po’ commedia, un po’ film di cappa e spada, con una vena romantica e soprattutto un tono nostalgico, il film si poggia sui suoi quattro moschettieri: Pierfrancesco Favino (D’Artagnan), Valerio Mastandrea (Porthos), Rocco Papaleo (Athos), Sergio Rubini (Aramis).”Avevo in testa questo film dagli anni Ottanta – racconta Veronesi – avrei voluto Benigni, Nuti, Troisi e Verdone ma poi tutto si arenò”. Rubini scherza: “È chiaro che noi siamo la seconda scelta”. Prosegue il regista: “In realtà il fatto di non avere dei comici puri ma dei bravi attori con dei buoni tempi comici è stato un grande aiuto al film. Ho messo come sottotitolo La penultima missionenon per strizzare l’occhio a un possibile sequel ma perché mi piace l’idea di un gruppo di lavoro e che le cose non si fermeranno. D’altronde questo è un film che più di ogni altro che ho fatto è frutto del lavoro collettivo: la nostra equipe ha avuto una sintonia fortissima su un set che vedeva più di cento persone tra attori, stunt, maestri d’armi, cavalli, carrozze. Mi sono circondato dei miglior capireparto che hanno padroneggiato senza problemi questa macchina infernale”.Il film, costato circa 5 milioni di euro, è prodotto da Indiana e distribuito da Vision, vede anche Matilde Gioli nel ruolo dell’Ancella della regina (“devota ma scapestrata mi ha fatto tirar fuori il mio lato buffo”), Valeria Solarino in quello di Cicognac una donna che sotto vesti di uomo addestra cavalli ed è cresciuta nel mito dei moschettieri (“Giovanni mi ha fatto montare senza sella e scendere dal dietro del cavallo, cosa pericolosissima, e poi ha tagliato la scena”) e Giulia Bevilacqua nel ruolo della perfida Milady. Nonostante gli acciacchi, i vecchi attriti, il tempo che è passato e le avventure che ormai sembrano molto lontane i quattro moschettieri rifaranno squadra per aiutare la loro regina contro le trame del cardinale Mazzarino (Alessandro Haber) e per salvare gli ugonotti, torturati e perseguitati per la loro fede religiosa, dagli sgherri del cardinale.”Il film è d’avventura ma la metafora c’è – dice il regista – un’Europa afflitta dalle guerre di religione, con il popolo ugonotto che fugge dalla persecuzione sopra delle barche invece che su dei gommoni, poi chi la vuole vedere la vede chi non la vuole vedere si gode la commedia. Noi parliamo sempre credendoci nel giusto ma occorre ricordare che cinquecento anni fa le torture avvenivano nel cuore dell’Europa”. D’altronde Veronesi nelle sue note di regia l’aveva scritto: “Quando ho visto per la prima volta L’Armata Brancaleone non mi sono preoccupato di quale messaggio volesse lanciare Mario Monicelli con i suoi sceneggiatori. Poi però nel tempo, ho capito che ogni film del periodo d’oro della commedia italiana aveva sempre qualcosa da raccontare, un sottotesto o un retrogusto che aiutava a riflettere”.
Chiara Ugolini, La Repubblica