“Il mio è un rap differente, che si concentra sul contenuto anziché su muscoli e tatuaggi. Non ammicca ai violenti da stadio o agli ‘‘ndranghetisti‘, ma vuole dare voce a chi non ne ha”. Non fa nomi, ma i riferimenti ai recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto rapper italiani sono evidenti per Kento, al secolo Francesco Carlo, che utilizza la musica per parlare ai giovani negli istituti penali minorili e si è esibito sul palco dell’Ariston durante la consegna del Premio Yorum, assegnato dal Club Tenco al rapper iraniano Toomaj Salehi, attualmente detenuto dopo avere rischiato l’impiccagione.
Kento ha presentato un singolo intitolato ‘Free Toomaj’. “È un messaggio di libertà – dichiara il rapper – libertà di espressione e anche fisica, in riferimento a Toomaj”. Il rap, osserva, “è stato la voce di molte esperienze, sia belle che brutte, e questa sera cerchiamo di ridargli un senso positivo, tornando alla sua missione originale. Nel nostro piccolo, ci mettiamo a disposizione. Tenco non avrebbe apprezzato questo rap superficiale e pieno di banalità che va di moda adesso”.
Per i giovani delle scuole e delle carceri, la musica è il primo sfogo emotivo e Kento lo sa bene. “I ragazzi non sono abituati a essere ascoltati, ma esprimono ciò che hanno dentro – sottolinea -. A volte basta un piccolo gesto, come mettergli in mano una penna e un foglio a righe, e tirano fuori cose straordinarie”. Sicuramente, se i ragazzi hanno adulti intorno che danno loro spazio e li ascoltano, “hanno una possibilità in più che spesso, soprattutto per i detenuti, manca”. E anche il rap può essere un prezioso contributo. “Oggi è impossibile pensare al rap senza soldi, mercato e guadagni vi commerciali e ci sta – osserva Kento -. L’importante è non credere che il rap sia solo quello ma mantenere lo spirito originario, che è quello della strada, ed è quello che provo a fare sia in prima persona sia dando voce ai ragazzi che seguo”.