Il compositore si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera: il disorientamento dopo ‘Amici’ e i nuovi progetti musicali
Beppe Vessicchio a ruota libera: intervistato dal Corriere della Sera, il compositore campano, 65 anni, si è raccontato in confidenza, parlando del valore profondo della musica e della sua carriera, televisiva e non. C’è stato un momento in cui spopolava sul piccolo schermo, essendo presente un po’ ovunque. Poi le trasmissioni hanno cominciato a chiamarlo un po’ di meno. Il fatto, come lui stesso ha raccontato, lo ha disorientato. Ad esempio ha dichiarato che dopo che si è conclusa la sua esperienza ad Amici di Maria De Filippi si è ritrovato “spaesato”. Come tutti i grandi personaggi, però, al posto di lasciarsi vincere dalle difficoltà e dai momenti no, ha scovato nuovi stimoli dentro si sé e si è dato da fare su altri fronti.
Capitolo musica: Vessicchio continua a nutrire la sua passione per le note come se fosse un ragazzo. D’altra parte è proprio quello il segreto dei ‘grandi’: riuscire ancora ad emozionarsi, nonostante la carriera fulgente e nonostante i traguardi raggiunti. Beppe spiega anche di apprezzare molto i dilettanti perché nei loro occhi dice di scorgere una “luce che nei professionisti si è spenta”. Secondo il compositore troppo spesso si tende a farsi prendere dall’ansia, trasformando un’arte, la musica appunto, in qualcosa di arido per ottenere risultati.
“Vedo tanta ansia di concretizzazione: fama, stabilità, soldi. Così però ci si inaridisce”, chiosa. Spazio quindi ad alcuni aneddoti che si ricollegano al tema e che lo hanno riguardato in prima persona.
Vessicchio ricorda quando la televisione continuava a cercarlo: “C’era la serialità di Amici e di tanti altri programmi, una popolarità diffusa, capillare. Lusinghiera, non lo nascondo. Ma io sentivo che mi stavo immettendo in un’autostrada in cui facevo le cose per un senso di inerzia, per dovere, per lavoro”. Quella serialità, però, a un certo punto, si interruppe. I motivi, spiega sempre il musicista, furono differenti, “incluso un sano ricambio di personaggi”.
Ebbene, cosa gli è rimasto di tutto ciò? Come ha reagito quando i riflettori sono venuti meno? “In un primo momento rimasi spaesato, senza equilibrio. Ma dopo mi sono accorto che senza quel senso di ripetitività potevo fertilizzare la mia musica”. E fu così che riprese ad impegnarsi su un pezzo che aveva iniziato a comporre da giovane. Inoltre ha dato avvio a delle collaborazioni, “magari meno stabili” ma che gli “danno tanta soddisfazione”.
Uno dei progetti più interessanti e stimolanti a cui sta lavorando è quello che lo vede impegnato con l’Unicef, di cui è ambasciatore. In particolare rappresenterà l’ente al Link festival a Trieste, il 5 settembre. “Ci tengo molto, perché il tema dell’infanzia e della formazione dei ragazzi è sempre stato un mio chiodo fisso”, sottolinea Beppe che aggiunge che grazie a Unicef ho potuto visitare El sistema, in Venezuela, il progetto di educazione musicale aperto a tutti i ragazzi, ideato da Abreu.
“E – conclude – presto sarò a Forcella, a Napoli, per un progetto con Forcella Brilla, il campo di educazione scientifica e tecnologica. Senza contare che seguirò dei giovani anche con un bel progetto legato ai Giochi Olimpici Invernali Milano Cortina 2026″.
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