Il conduttore da mercoledì su Rete4 con «Freedom»: un viaggio in 12 puntate tra Egitto e Italia (e non solo): «Sul campo ho lasciato due caviglie, due ginocchia e una costola»
«Io non sono né un esperto, né un ricercatore, sono un trasportatore: prendo da chi sa e porto a chi non sa». Roberto Giacobbo sintetizza così il suo ruolo di divulgatore. Ex dj per Radio Dimensione Suono («non potevo farlo tutta la vita»), ex autore (per Frizzi, Conti, Bonolis, Castagna), la svolta della carriera arriva quando si avvia ai 40 anni grazie a un libro (Chi ha veramente costruito le piramidi e la Sfinge, scritto con Riccardo Luna): «Il libro ebbe successo e fui chiamato da Maurizio Costanzo a parlarne nel suo show, i 4 minuti a mia disposizione divennero più di 20. Il giorno dopo mi chiamarono da Telemontecarlo per fare un programma: pensavo mi cercassero come autore, invece iniziai a condurre Stargate – Linea di confine».Ventitré anni dopo è ancora qui, con l’Egitto e i suoi misteri, la civiltà migliore mai prodotta dall’umanità, una capacità unica di mescolare un’estetica imponente ma anche minuta, coniugare magnificenza e dettaglio, costruire al tempo stesso statue alte 15 metri e riempire pareti di geroglifici in modo certosino. Mercoledì Giacobbo torna su Rete4 con la seconda edizione di Freedom – Oltre il confine, 12 appuntamenti (interrotti solo dalla pausa estiva) in onda in prima serata per proporre divulgazione storica, scientifica e archeologica. «Questa civiltà è nel mio dna, la prima volta che vidi la Sfinge pioveva, un evento talmente raro la pioggia al Cairo che lo presi come un segno del destino». Giacobbo ritrova l’archeologo Zahi Hawass per percorrere il tratto finale del tunnel nascosto dietro al sarcofago di Seti I nella valle dei Re a Luxor: «Dopo un primo tunnel lungo 100 metri, ce n’è un altro di 175, siamo arrivati a 275 metri sottoterra, riveleremo dove conduce questo tunnel e perché è stato costruito».In ogni puntata di Freedom non solo un reportage sull’Egitto, ma anche tanta attenzione all’Italia. Nel primo appuntamento si parla anche del Cenacolo Vinciano: «Quello che quasi nessuno sa è che anche Leonardo ha mandato un curriculum vitae per trovare un lavoro: lo prova la lettura del documento originale, uscito per l’occasione dalla cassaforte che lo custodisce». Per Giacobbo lasciare la Rai era stata una scelta personale («non volevo più lavorare da dipendente») tanto da rinunciare anche alla carica di vicedirettore di Rai2, ma nessun pentimento: «Essere proprietari di sé stessi vale più di qualunque poltrona».Giacobbo è la risposta di Mediaset a Alberto Angela, la divulgazione targata Rai. Invidioso? «Per carità, siamo così in pochi a fare divulgazione in prima serata che non c’è spazio per l’invidia. Non sono l’anti-Angela, ma un’alternativa: ci dovrebbero proteggere come i panda. Sento questo programma molto vicino al concetto di servizio pubblico: la divulgazione deve essere per tutti, raggiungere un pubblico largo, il mio compito è quello di spiegare cose a volte difficili in parole semplici, senza però banalizzare i contenuti. Il nostro è un lavoro a lento rilascio: per conquistare il telespettatore, per ottenere la sua fiducia ci vuole tempo». Un lavoro lento, ma anche meno comodo di quanto si possa pensare: «Non mi piace fare l’elenco dei miei infortuni, ma sul campo ho lasciato due caviglie, due ginocchia, una costola…».
Renato Franco, corriere.it