Francesco Arca: «Quando mio padre è morto, sono diventato un animale rabbioso. »

Francesco Arca: «Quando mio padre è morto, sono diventato un animale rabbioso. »

Francesco Arca ripeteva sempre una frase al suo padre, ufficiale dell’esercito, ogni volta che partiva per una delle sue missioni, che fosse in Iraq, Afghanistan o Medio Oriente, anche durante la prima guerra del Golfo. “Basta che torni”, era tutto ciò che desideravano, un momento tutto loro. “Ed è per questo che lui comunque è sempre tornato, perché è quello che deve fare un padre, ogni padre, tornare a casa comunque, con le proprie ferite, i propri segreti e i propri silenzi”, racconta oggi l’attore, ora padre a sua volta. Silvano Arca, suo padre, è sempre tornato da quelle missioni, ma non è mai tornato da una battuta di caccia in Toscana nel 1995, quando Francesco aveva 16 anni.

Ora, una vita dopo, nel giorno simbolico della Festa del papà, l’attore debutta con un romanzo autobiografico che porta il titolo significativo “Basta che torni” (edito da Mondadori). È un diario, una confessione, una lettera al padre che non c’è più e al padre che è oggi. “Ho iniziato a scrivere durante il lockdown”, spiega, “quando mi sono fermato e mi sono accorto che in un certo senso stavo perdendo la memoria di alcune cose legate a mio padre. I miei figli (Brando Maria, 6 anni, e Maria Sole, 9, nate dall’amore con Irene Capuano) continuavano a chiedermi ‘raccontaci del nonno’, e io mi sono reso conto che alcune cose mi stavano scappando di mano: il suo sguardo, la sua voce, il suo profumo. Ne ho parlato con la mia psicologa anche perché provavo un po’ di vergogna a parlarne con qualcun altro e lei mi ha detto ‘ascolta tutte le persone che gli erano vicine, scrivi i ricordi’, e così ho fatto”.

Parlando della copertina del libro, che lo ritrae con suo padre sulla spiaggia, Francesco rivela: “Siamo in Sardegna, la sua terra, a Is Arutas. L’ho ritrovata tra le vecchie foto e in pochi secondi ha rotto la corazza che mi sono costruito quando parlo di mio padre. L’ho sentita intima, profonda. Siamo a pesca, non ci guardiamo nemmeno, ognuno è impegnato a fare qualcosa, ma siamo molto connessi. Racconta di un legame istintivo, trasmette dolcezza. In quell’immagine vedo quello che è stato mio padre per me e quello che cerco di essere io per mio figlio. Il paragone, del resto, è inevitabile. Non ne esci, devi solo imparare come convivere”.

Francesco confessa di utilizzare anch’egli la stessa frase “Basta che torni” quando è lontano per lavoro. “Mi capita spesso di essere lontano quando sto girando, adesso per esempio sono appena tornato dopo due mesi di riprese a Madrid. È difficile spiegare ai bambini perché non ci sei, ma quelle tre parole che spesso ripeto nella mia mente sono quelle che più mi danno la forza. Ti rimettono al giusto posto. La cosa più importante è tornare a casa. A mio padre lo dicevo sempre, lui sorrideva e mi rispondeva ‘stai attento alle nostre donne’, mia madre e mia sorella. Io non mi rendevo conto allora di quanto fossero pericolosi i suoi viaggi, non gli chiedevo niente, l’unica cosa che mi interessava è che tornasse a casa”.

Riguardo alla scomparsa di suo padre quando Francesco aveva 16 anni, egli riflette: “È stata la prima volta in cui ho provato un dolore così totalizzante. Non potevo usare nessuna armatura per fare i conti con quel dolore, quindi mi sono lasciato davvero travolgere. Chiaramente il fatto che mio padre mancasse da casa molti mesi, quando andava in missione, ha fatto sì che io per i primi 4-5 mesi fossi convinto che a un certo punto sarebbe riapparso davanti alla porta. Dopo ho cominciato a guardarmi allo specchio, e ho capito. No, non sarebbe tornato. A quel punto il dolore è sfociato in mille sfumature. La prima è stata la rabbia. Ho trascorso degli anni andando in giro come un animale rabbioso, cercando un qualsiasi modo per sfogarmi. Per fortuna giocavo a calcio. Mi sfogavo poi anche nei rapporti, e anche a tavola. Mangiare era diventato un gesto rabbioso e inconsapevole”.

Infine, parlando del tipo di padre che cerca di essere, Francesco riflette: “Tento di essere un padre concentrato. Voglio che i miei figli imparino soprattutto la generosità nei confronti degli altri, che siano disponibili all’aiuto, e che rispettino la diversità. Io di mio padre ricorderò sempre l’insegnamento più importante: mi ha trasmesso il rispetto nei confronti delle donne. Mi ricordo che quando discutevo con mia madre o con mia sorella, lui era sempre lì a ricordarmi che non dovevo mai alzare la voce. Il rispetto, mi diceva, viene sempre prima di tutto il resto”.

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